"Al momento il presente è fatto di piani ancora vuoti e settori da rinforzare"
Interviene il Comitato "Salviamo l'Ospedale della Val Petronio e della Val di Vara"
"Al momento il presente è fatto di piani ancora vuoti e settori da rinforzare" : sugli ultimi sviluppi della sanità locale interviene il direttivo del Comitato "Salviamo l'Ospedale della Val Petronio e della Val di Vara".
C'è ancora tanto da fare
Ecco cosa scrive il Comitato:
"Nei giorni scorsi abbiamo evidenziato, anche un po’ ironicamente attraverso la nostra pagina Facebook, le assonanze fra il recente Protocollo d’Intesa, raggiunto fra
Organizzazioni Sindacali e ASL4, ed il nostro 'Documento programmatico' presentato oltre un anno fa. L’ironia non è certo destinata ai Sindacati o all’ASL, è piuttosto un ' piccolo sassolino che ci siamo voluti togliere dalle scarpe', dato che, sin dalla nascita del Comitato, siamo stati accusati da qualcuno di fare proselitismo politico.Ironia a parte, occorre un approfondimento su questi temi. In questi ultimi 6 mesi, negli
incontri avuti con il Direttore Generale Dott. Petralia, avevamo già avuto alcune anticipazioni sulle progettualità che riguardano il nostro ospedale, quelle che troviamo in parte ora espresse nel suddetto Protocollo d’Intesa: la conversione, a fine emergenza, delle strutture mediche interpandemiche (medicina a media intensità e area buffer) in
medicina e cure intermedie ad indirizzo infettivologico e multidisciplinare, lo sviluppo di
strutture specialistiche (riabilitazione ad indirizzo respiratorio, neuro-riabilitazione con palestre e day hospital, ambulatori multidisciplinari, oltre agli esistenti oncologia,
nefrologia , dialisi, radiologia) e di strutture ad alta integrazione territoriale (medicina, cure
intermedie, attività ambulatoriali, la ripartenza dell’ attività di screening senologico ed un ampio centro per la terapia del dolore al piano zero) .Ci è stata altresì anticipata la volontà di realizzare nel nosocomio “l’ospedale di comunità”, una struttura con posti letto a conduzione infermieristica, di supporto sia ai suddetti reparti
che alla nascente “casa di comunità” (quella che noi chiamiamo “casa della salute”), entrambi previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Nella 'casa di comunità' si realizzerebbe un poliambulatorio dove dare spazio per esercitare ai medici di famiglia, alternandosi in diversi orari per dare copertura massima e mantenere contemporaneamente il loro presidio di fondamentale importanza sul territorio,
soprattutto nelle vallate dove la presenza del medico di famiglia, ed il rapporto fiduciario e di profonda conoscenza che ha della comunità non va scalzato ma, viceversa potenziato.
Nella struttura, potrebbero garantire un servizio trasversale ai loro singoli pazienti, avendo la possibilità di avvalersi degli strumenti di diagnostica dell’ospedale, fornire risposte più rapide, ad esempio, per piccoli malesseri e sgravare, di conseguenza, il pronto soccorso
lavagnese di un buon numero di codici bianchi.
Da parte nostra, crediamo che per i medici di famiglia, mantenere sia la propria indipendenza dal mondo ospedaliero che, averlo, per
alcune ore della settimana, vicino con strumenti di diagnostica ed analisi più direttamente a disposizione, potrebbe essere professionalmente molto gratificante. Nella stessa casa di comunità troverebbe spazio anche la gestione dell’assistenza domiciliare, che sarebbe potenziata, per garantire soprattutto agli anziani di poter essere curati, ove possibile, nel
loro ambiente famigliare con più benessere per il paziente e minori costi per l’ASL.La realizzazione di quanto sopra, non potrebbe che essere da noi giudicata positivamente ma, al momento, questi rimangono progetti futuri, mentre il presente è fatto di piani ancora
vuoti (il secondo e parte del terzo), di una pneumologia “sulle spalle” di un solo pneumologo, di una riabilitazione, seppur finalmente rinnovata, che vede gli stessi posti letto ed alcuni servizi (esempio quello di riabilitazione per i minori) ancora delocalizzati.Siamo quindi ancora lontani dalla situazione pre-pandemica, men che meno da un ampliamento delle attività. Ci risulta che, gran parte di queste problematiche, siano dovute
a carenze di personale (medico ed infermieristico), per questo sollecitiamo gli Enti preposti, in primis la Regione, ad adottare le misure necessarie a superarle, tempestivamente per le esigenze immediate, ma anche in prospettiva dei progetti futuri che, viceversa, rimarrebbero solo sulla carta".