Regione, l’opposizione chiede convocazione di un consiglio straordinario sul sistema sanitario ligure
L’intervento di Enrico Mazzino, docente di economia sanitaria all’Università di Genova
È notizia fresca che le forze di opposizione in consiglio regionale, abbiano depositato la richiesta di convocazione di un consiglio straordinario sulla situazione del Sistema sanitario ligure.
La dichiarazione di Enrico Mazzino, docente di economia sanitaria all’Università di Genova
«Una seduta necessaria per discutere lo stato di attuazione delle politiche previste dal Piano socio sanitario, conoscere gli indicatori dei servizi sanitari, socio sanitari e territoriali, a partire dallo stato delle liste d’attesa e l’attuazione dei progetti di edilizia sanitaria, passando dall’evoluzione dei conti economici di tutte le aziende e fino agli impatti sulla Liguria delle iniziative promosse dal Governo nazionale in materia sanitaria, compresi i tagli agli investimenti e ai ritardi nell’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza», afferma Enrico Mazzino, docente di economia sanitaria all’Università di Genova, particolarmente vicino all’ex Ministro e attuale senatrice Mariastella Gelmini.
«Dal 1978, data della sua fondazione, al 2019 -sottolinea Mazzino - il SSN in Italia ha contribuito a produrre il più marcato incremento dell'aspettativa di vita (da 73,8 a 83,6 anni) tra i Paesi ad alto reddito. Ma oggi i dati dimostrano che il sistema è in crisi: arretramento di alcuni indicatori di salute, difficoltà crescente di accesso ai percorsi di diagnosi e cura, aumento delle diseguaglianze regionali e sociali».
«Questo accade perché i costi dell'evoluzione tecnologica, i radicali mutamenti epidemiologici e demografici e le difficoltà della finanza pubblica, hanno reso fortemente sottofinanziato il SSN, al quale nel 2025 sarà destinato il 6,2% del PIL (meno di vent'anni fa). Il pubblico garantisce ancora a tutti una quota di attività (urgenza, ricoveri per acuzie), mentre per il resto (visite specialistiche, diagnostica, chirurgia minore) il pubblico arretra e i cittadini sono costretti a rinviare gli interventi o indotti a ricorrere al privato. Progredire su questa linea, oltre che in contrasto con l'Art. 32 della Costituzione, ci spinge verso il modello USA, terribilmente più oneroso (spesa complessiva più che tripla rispetto all'Italia) e meno efficace (aspettativa di vita inferiore di sei anni). La spesa sanitaria in Italia non è grado di assicurare compiutamente il rispetto dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e l'autonomia differenziata rischia di ampliare sempre di più il divario tra Nord e Sud».
«È necessario un piano straordinario di finanziamento del SSN e specifiche risorse devono essere destinate a rimuovere gli squilibri territoriali. L’allocazione di risorse deve essere accompagnata da efficienza nel loro utilizzo e appropriatezza nell'uso a livello diagnostico e terapeutico, in quanto fondamentali per la sostenibilità del sistema. Ancora, il SSN deve recuperare il suo ruolo di “luogo di ricerca e innovazione” al servizio della salute».
«Parte delle nuove risorse deve essere impiegata per intervenire in profondità sull'edilizia sanitaria, in un Paese dove due ospedali su tre hanno più di 50 anni e uno su tre è stato costruito prima del 1940».
«Ma il grande patrimonio del SSN è il suo personale: una sofisticata apparecchiatura si installa in un paio d'anni, ma molti di più ne occorrono per disporre di professionisti sanitari competenti, che continuano a formarsi e aggiornarsi lungo tutta la vita lavorativa. Nell'attuale scenario di crisi del sistema e di fronte a cittadini/pazienti sempre più insoddisfatti, è inevitabile che gli operatori siano sottoposti a una pressione insostenibile che si traduce in una fuga dal pubblico, soprattutto dai luoghi di maggior tensione, come l'area dell'urgenza. È evidente che le retribuzioni debbano essere adeguate, ma è indispensabile affrontare temi come la valorizzazione degli operatori, la loro tutela e la garanzia di condizioni di lavoro sostenibili. Particolarmente grave è inoltre la carenza di infermieri (in numero ampiamente inferiore alla media europea)».
«Da decenni - continua Mazzino - si parla di continuità assistenziale (ospedale-territorio-domicilio e viceversa), ma i progressi in questa direzione sono timidi. Oggi il problema non è più procrastinabile: tra 25 anni quasi due italiani su cinque avranno più di 65 anni (molti di loro affetti da almeno una patologia cronica) e il sistema, già oggi in grave difficoltà, non sarà in grado di assisterli».
«La spesa per la prevenzione in Italia è da sempre al di sotto di quanto programmato, il che spiega in parte gli insufficienti tassi di adesione ai programmi di screening oncologico che si registrano in quasi tutta Italia. Ma ancora più evidente è il divario riguardante la prevenzione primaria; basta un dato: abbiamo una delle percentuali più alte in Europa di bambini sovrappeso o addirittura obesi e questo è legato sia a un cambiamento - preoccupante - delle abitudini alimentari sia alla scarsa propensione degli italiani all'attività fisica. Molto va investito, in modo strategico, nella cultura della prevenzione (individuale e collettiva) e nella consapevolezza delle opportunità ma anche dei limiti della medicina moderna».
«Tanto ancora si può e si deve fare sul piano organizzativo, ma la vera emergenza - conclude Mazzino - è adeguare il finanziamento del SSN agli standard dei Paesi europei avanzati (8% del PIL): questo rappresenta la vera urgenza perché un SSN che funziona,non solo tutela la salute, ma contribuisce anche alla coesione sociale».