L’iniziativa

Francesca Mittoni incontra gli studenti del Natta per un dialogo sui disturbi alimentari

L’autrice di “Non sono un peso” ha raccontato la sua storia e ha affrontato con gli adolescenti temi come grassofobia, privilegio magro e cultura della dieta

Francesca Mittoni incontra gli studenti del Natta per un dialogo sui disturbi alimentari
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Francesca Mittoni ha incontrato nella mattinata di oggi, lunedì 28 ottobre, alcune classi dell’istituto “Natta” di Sestri Levante per un confronto con gli studenti le studentesse, a partire dai contenuti del suo libro "Non sono un peso", edito da Fabbri Editori.

Un incontro che ha affrontato temi particolarmente attuali

Nel volume racconta in maniera trasparente la sua storia, partendo dalle pagine dei suoi diari di adolescente nelle quali annotava i cambiamenti del suo corpo con parole dure. Prima le abbuffate, poi le diete iper-restrittive. E a seguire l’ossessione per il cibo sano, o almeno per quello che credeva essere sano. Dopo aver superato il periodo difficile ha anche deciso di aprire un account Instagram e adesso attorno a lei si raccoglie una comunità di centomila persone.

Ironica e diretta usa il suo profilo (@francescamittoni_) per scardinare le logiche estetiche dei social network, smascherando trucchi e filtri e mandando messaggi che invitano a vivere con serenità il proprio corpo.
Francesca Mittoni ha parlato agli adolescenti della sua complicata relazione con il cibo, lo specchio, la conta delle calorie, l'ossessione per i 'cibi buoni' e i 'cibi cattivi', la palestra, i digiuni, e usa la sua esperienza per approfondire temi di cui solo una volta uscita dal tunnel dei disturbi alimentari, ha preso coscienza.

I temi che ha affrontato sono attuali: la grassofobia interiorizzata, il ‘privilegio magro’, il ruolo dei media e dei social nel perpetrare un immaginario non realistico, fatto di informazioni fuorvianti. Gli studenti hanno dialogato con Mittoni, ponendo diverse domande. L’autrice ha raccontato il suo percorso.

Così Francesca Mittoni

“Ho capito di essere in difficoltà davvero leggendo un articolo online. Fino a quel momento non mi ero mai posta davvero il problema, anche perché ai tempi se ne parlava meno. Chi mi stava accanto non si è mai accorto di nulla perché ero molto brava a dissimulare. Solo quando ero arrivata a un peso molto basso le persone avevano iniziato a farmi domande, ma a volte non mi aiutavano a migliorare la mia situazione”.

“Il confine tra uno stile di vita molto sano e l’ossessione per quello stile di vita è molto labile. Spesso da fuori è anzi indistinguibile, a fare la differenza è sempre la mentalità, come il singolo vive il rapporto con il cibo, con l’allenamento e col suo corpo. In più, la diet culture ci ha condizionati a considerare certi comportamenti assolutamente normali (un esempio: andare a correre per smaltire una pizza), quando in realtà non dovrebbero esserlo”.


Alla domanda: “Cosa si può fare e cosa per dare sostegno ad una persona che ha un disturbo alimentare?”, Mittoni ha risposto:

“È una domanda che mi viene fatta spesso e non c’è una risposta valida per tutti: per alcuni può essere utile essere spronati, per altri invece è controproducente. Quello che secondo me è sicuramente positivo è evitare i commenti sul cibo, ovvero frasi del tipo ‘Ho mangiato troppo, da domani dieta’. Oltre a quelli, è bene evitare anche i commenti sul proprio corpo o su quello di altre persone. È poi importante far sapere alla persona che soffre di questi disturbi che se ha bisogno di supporto, lo può avere, ma è anche giusto che sia quella persona a stabilire quanto aprirsi con noi. Non sono gli amici o i parenti, del resto, a dover dire quanto e cosa mangiare o come comportarsi, ma i professionisti del settore. Dagli amici e dai parenti è invece necessario ricevere appoggio e comprensione”.

“Sicuramente molte persone fanno fatica a capire che i disturbi alimentari non corrispondono a un certo tipo fisico. Siamo abituati a pensare a un corpo estremamente gracile, ma non sempre è così. Ci sono tante persone che non si sentono abbastanza malate perché non hanno il corpo che la società si aspetta da chi soffre di dca e quindi spesso non cercano neanche aiuto. È importante capire che chiunque può soffrire di dca, indipendentemente dal suo peso. Un’altra cosa che spesso le persone faticano a capire è che non basta mangiare di più o di meno, non è una questione di forza di volontà: è una malattia e quindi va curata”.


“Nel dialogo con una persona, quali sono le frasi che è meglio non dire?”, le si è chiesto.

“Siamo abituati a commentare i corpi altrui, anche se è una sfera estremamente personale. Ad esempio chiedere ‘SeiSei dimagrita/o?’ come complimento. Spesso ci dimentichiamo che una persona può aver perso o preso peso per molti motivi (una malattia, un lutto, un dca) e quindi sarebbe meglio evitare del tutto certi commenti, a meno che non siano stati esplicitamente richiesti. Un’altra problematica riguarda il modo in cui vediamo il cibo, cioè diviso in ‘buono’ e ‘cattivo’, dimenticandoci che il cibo non ha valore morale e di conseguenza noi non siamo bravi o meno bravi a seconda di quello che mangiamo. Certo, un’educazione alimentare è fondamentale, così come uno stile di vita bilanciato, ma se una persona ha uno stile di vita equilibrato non sarà certo un alimento diverso dal solito a fare la differenza. È importante vivere il cibo con serenità, non come se fosse un nemico”, ha risposto Francesca Mittoni.

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