Spiagge libere, il dossier di Legambiente: Liguria indietro, maglia nera Santa Margherita
Legge regionale non rispettata e che paradossalmente penalizza ulteriormente proprio le spiagge libere, la nostra regione è «il caso più clamoroso»: i dati
È impietoso con la Liguria il dossier di Legambiente "Le Spiagge sono di Tutti" (consultabile integralmente QUI) che ritrae un'istantanea delle spiagge libere in Italia e della loro distribuzione e proporzione rispetto a quelle private.
Spiagge: il dossier di Legambiente
La Liguria presenta una delle più basse percentuali di superficie di litorale non occupata da concessioni balneari: appena il 14%, molto meno anche dell'Emilia Romagna, al 23%. E se la Romagna ha un prevedibile record comunale, quello di Rimini, che non raggiunge neppure il 10%, noi liguri "ce la battiamo" bene (leggi: male, malissimo) con Santa Margherita, maglia nera all'11%. Questo a fronte di una media nazionale del 40%, ma, soprattutto, di una legge regionale, quella ligure, che dovrebbe garantire un minimo proprio del 40%.
Ma uno dei problemi principali in ambito legislativo, spiega Legambiente, è l'assenza di norme nazionali, che porta proprio a leggi regionali poco vincolanti e rispettate. E per Legambiente proprio quello ligure è il caso più clamoroso: «con la Legge regionale 13/2008 che ha determinato la porzione di litorale di libero accesso: qui i Comuni sono obbligati a garantire almeno il 40% di aree balneabili libere e libere-attrezzate rispetto al totale delle superfici costiere, oltre che a dotarsi del Progetto di utilizzo del demanio marittimo (Pud), strumento senza il quale non possono rilasciare nuove concessioni agli stabilimenti balneari né autorizzare interventi che eccedano l'ordinaria manutenzione. Il problema principale e’ che la Legge ad anni di distanza dalla sua emanazione non viene rispettata perché non prevede sanzioni per chi non la applica. Il paradosso è che i Comuni che non rispettano il limite del 40% perdono il finanziamento regionale per la pulizia delle spiagge (con conseguente minore attrattività per le poche spiagge libere rimaste), mentre esistono incentivi proprio per la pulizia e la sistemazione del litorale per i Comuni che la fanno rispettare». Insomma, un serpente che si morde la coda.
E non è neppure solo una questione di numeri, si sottolinea nel dossier: non va dimenticato come spesso le uniche aree non in concessione sono quelle di minor pregio, vicino a scarichi fluviali e fognature, e dunque paradossalmente spesso aree in cui la balneazione è vietata per l'inquinamento. Al danno si aggiunge quindi la beffa. E Legambiente ha analizzato anche il costo delle concessioni: spesso irrisorie, in confronto ai guadagni che possono fare gli stabilimenti, in ordini di grandezza completamente separati. La domanda che il dossier si pone è semplice: «per quale ragione lo Stato toglie alla libera fruizione così tanti tratti di spiaggia, per affidarli per poche migliaia di euro a chi guadagna milioni dalla concessione?»