Il caso

Acquisto di alcolici coi buoni spesa: è polemica a Rapallo

Una donna segnalata per esser stata vista acquistare bottiglie di spumante coi buoni spesa per le persone in stato di necessità. Ma la modalità con cui è emersa la faccenda è anomala, e la discussione che ne è scaturita pone anche interrogativi

Acquisto di alcolici coi buoni spesa: è polemica a Rapallo
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Non solo un caso curioso, ma anche focolaio di polemica quanto avvenuto a Rapallo, dove una cittadina è stata notata acquistare coi buoni spesa distribuiti dal Comune (anche) degli alcolici.

Acquisto di alcolici coi buoni spesa: è polemica a Rapallo

L'anomalia è duplice: certo, nell'irregolarità dell'acquisto, «espressamente vietato dal regolamento dei buoni spesa», sottolinea sulla sua pagina Facebook il Sindaco Bagnasco, ma anche nelle modalità in cui la vicenda è emersa. La segnalazione infatti sarebbe arrivata dall'Arma dei Carabinieri, ma non in via ufficiale, bensì attraverso uno sfogo personale, sempre affidato ai social network, da parte di un militare che ha assistito alla scena mentre era fuori servizio e, dunque, non avrebbe potuto intervenire: ma, certo, ha a ben donde manifestato amarezza nel vedere il carrello della spesa di fronte a sé «colmo di spesa fra cui varie bottiglie di spumante», pagate con quei buoni che dovrebbero aiutare chi è in stato di reale necessità. Il tam tam social ha reso virale la faccenda sinché questa non ha raggiunto anche proprio l'attenzione del Sindaco.

«Desidero ringraziare l’Arma dei Carabinieri , attenta come sempre, per avermi segnalato l’acquisto illecito di alcolici con i buoni spesa del comune di Rapallo da parte di una cittadina. Saranno fatti tutti gli accertamenti e presi i provvedimenti del caso», ha scritto Bagnasco. Ma la discussione che ne è scaturita non è a senso unico: oltre ai tanti naturali commenti di sdegno, c'è ad esempio chi trova la cosa un'invasione esagerata nella libertà personale («siamo arrivati a frugare nei sacchetti della spesa della gente?» si domanda qualcuno). Certo, ciò non toglie che si tratti di una violazione del regolamento sull'uso dei buoni, intesi per i generi di prima necessità per chi, magari costretto a casa senza più stipendio, non può permetterseli. Ma anche qui, come fanno notare altri, casca l'asino e si pongono altri quesiti: l'acquisto è sicuramente stato irregolare, ma in tal caso non è stata irregolare anche la vendita stessa? Non c'è dunque responsabilità anche da parte dell'esercizio commerciale, che avrebbe dovuto rifiutarsi di accettare il buono spesa almeno per quella parte di prodotti non consoni?

Insomma, ferma restando la violazione delle regole, la pur sacrosanta durezza nei confronti di chi si approfitta delle risorse messe in campo per aiutare i più deboli (e rassegnamoci, siamo in Italia, i "furbetti" sono sempre tanti) può essere interpretata in modo molto meno univoco del previsto, a seconda del contesto. C'è ad esempio del resto una bella differenza, anche questa fatta notare da alcuni interventi nella discussione scaturita su Facebook, fra qualcuno che fa incetta di bottiglie di spumante e le paga coi buoni spesa (come sarebbe questo il caso, ma il condizionale è d'obbligo viste le ufficiose modalità con cui è emerso) e qualcuno che fa la spesa per la propria famiglia pensando innocentemente di poter prendere anche un paio di bottiglie di proletarissimo vino da tavola. Dove stia il limite fra l'abuso e l'errore inconsapevole non è sempre così chiaro.

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