Il caso

Il versamento fantasma: l’odissea di un cittadino per ottenere un rimborso

Cafferata: "Se le Pubbliche Amministrazioni usassero l’autotela, si eviterebbero lunghi e costosi processi"

Il versamento fantasma: l’odissea di un cittadino per ottenere un rimborso
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Una vera e propria odissea (finita solo dopo due gradi di giudizio) per ottenere un rimborso di... 200 euro: è quella che ha dovuto affrontare Alide Comba.

Il caso

E' il 2009 quando il signor Comba riceve dall'Agenzia delle Entrate una lettera nella quale gli viene comunicato che ha diritto ad un rimborso, di 200 euro, derivante dalla dichiarazione dei redditi (relativa al 2008) della madre deceduta.

Comba, pertanto, presenta l'istanza di rimborso ma passano gli anni e non arriva nulla nonostante le periodiche verifiche del contribuente presso gli sportelli.

A fine settembre 2012 lo stesso cambia banca e comunica all'Agenzia delle Entrate il o Iban, compilando e protocollando il relativo modulo.

Nel 2014 Comba (ex militare graduato in pensione) sollecita nuovamente l’Agenzia delle Entrate che dichiara di aver versato il rimborso su un conto corrente diverso da quello scelto dal contribuente e acceso presso la Banca Commerciale Italiana.

Iniziano le verifiche: il conto corrente su cui l'A.G dichiara di aver effettuato il pagamento, risulta non più operativo dal 2001.

Neppure tale scoperta (certificata dalla banca) porta la pubblica amministrazione a correggere il suo errore ed erogare il rimborso.

Inutili sono le istanze stragiudiziali ed amministrative della scrivente che si vede costretta, stante la macroscopicità del malfunzionamento ed errore fatto dall'agenzia delle Entrate, a citarla in Giudizio.

Anche in causa l'ente sostiene (senza allegare prove difensive né tantomeno il versamento "fantasma") di aver agito con correttezza e di aver erogato il rimborso.

Nel 2017 la prima “vittoria di Pirro” (una battaglia vinta a un prezzo troppo alto per il vincitore, ndr): viene riconosciuto al consumatore (dal giudice di Pace di Chiavari) il rimborso ma... non le spese legali sostenute per la difesa.

Si decide allora di impugnare: oltre il danno (l'Agenzia delle Entrate non eroga il rimborso neppure a seguito della sentenza del giudice di Pace) nessun riconoscimento per le spese legali.

A fine 2018 finalmente giustizia: la sentenza del Tribunale di Genova riconosce al Comba anche le spese legali sia del primo grado che del grado dell'appello.

Ma non finisce qui: nonostante tale sentenza, l'Agenzia delle Entrate non adempie al suo onere ed occorre iniziare una procedura al fine di recuperare il dovuto.

"Finalmente (ma ormai siamo nel presente) il lieto fine di tale vicenda che fa sorridere ma ha ben poco di divertente» commenta l’avvocato del signor Comba, Cristina Cafferata, vice presidente tra l’altro per la Regione Liguria dell’Associazione Lega Consumatori. «Dal mio punto di vista, dal 2007 impegnata in associazioni ed attività a tutela del Consumatore, spero che questa vicenda porti l'attenzione delle persone su come le Pubbliche Amministrazioni potrebbero, utilizzando concretamente lo strumento dell'autotutela, risolvere molteplici errori e/o semplici sviste (emblematico il caso di cui rimango a disposizione per farvi visionare gli atti), evitando lunghi e costosi processi che spesso costringono le persone a subire il danno invece che ottenere quanto è a loro dovuto. Anche nella commissione del Consiglio Nazionale Consumatori e Utenti presso il Ministero dello Sviluppo Economico, ho proposto che venga prevista l'obbligatorietà della risposta al procedimento di annullamento per via di autotutela al fine di responsabilizzare maggiormente le Pubbliche Amministrazioni".