La testimonianza

"Guarito dal covid, oggi ringrazio tutti"

Giovanni Franco De Vincenzi, 67 anni, racconta la sua esperienza: "Avevo perso ogni speranza"

"Guarito dal covid, oggi ringrazio tutti"
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"Porto a casa un’esperienza difficile da descrivere a parole: ho preso il covid a marzo, è stata un’esperienza terribile. Quello che oggi mi preme dire è Grazie di cuore a tutte le persone che mi hanno aiutato nei giorni più duri della mia vita".

A parlare è Giovanni Franco De Vincenzi, 67 anni, idraulico e cuoco, un’esperienza lavorativa anche all’estero, oggi residente a san Salvatore di Cogorno. La passione della cucina non si è mai fermata tanto che è il cuoco del gruppo Alpini di Cogorno e di Sestri Levante e della Confraternita Fidus Alma. Con quest’ultima sabato scorso si è recato al Santuario di Nostra Signora della Guardia a Genova per ringraziare di essere ancora vivo.

"Mi creda, io non sono uno di chiesa, ma se esiste Qualcuno, lo ringrazio di cuore".

Ha lo sguardo buono e commosso, Giovanni. Non è abituato e non ama stare sotto i riflettori, ma vuole raccontare la sua storia. Una tra tante, finita bene.

"Dopo una febbre che oscillava tra i 40 e i 38 gradi e dopo il tampone, a marzo ho scoperto di aver contratto il coronavirus. Il 16 sono stato ricoverato all’ospedale di Sestri Levante in Terapia Intensiva. Dopo pochi giorni l’ossigeno della mascherina non bastava, e hanno dovuto ricorrere al casco: sono stato così per tre giorni, ma io non ricordo nulla, ho un vuoto totale. Ricordo solo prima la sensazione di non riuscire a respirare: era come se qualcuno mi avesse messo le mani schiacciate sul viso, terribile. Non riuscivo a respirare neanche dalla bocca, non lo auguro al mio peggior nemico. Ho pensato, è finita, basta. Avevo perso la speranza. Poi, ad un certo punto, sono rinato: sono lentamente tornato alla normalità e il 21 aprile mi hanno dimesso".

De Vincenzi viene trasferito quindi a Sturla, dove rimane isolato in quarantena e riesce infine a tornare a casa, «per la gioia di mia moglie, Lisetta Oliveri, che per tutto quel tempo avevo solo sentito per telefono, un cellulare di vecchio stampo, tra l’altro, senza telecamere o altre diavolerie», scherza Giovanni.

E oggi?

"La vivo con molta cautela. A chi incontro, dico, fai il possibile per proteggerti, usa la mascherina e i guanti, non prendere nulla sottogamba. Ho avuto modo di parlare con qualche medico, quando ero ricoverato li vedevo come dei robot, tutti bardati dalla cima ai piedi: non hanno guardato l’orologio mentre facevano i turni, hanno dato il massimo, veramente. Ricordo anche gli altri pazienti, tanti come me sono stati dimessi e ne sono felice. Oggi c’è solo la voglia di dire grazie: grazie a medici, infermieri, alla Protezione Civile e agli Alpini di San Salvatore di Cogorno, ai miei amici, mi hanno aiutato tutti in maniera diversi".

Sabato 12 alla Guardia c’era anche lui con la Confraternita Fidus Alma: «Ho portato me stesso al Santuario e ho detto Grazie, semplicemente. Era il minimo che potessi fare».