Aperto il Giubileo a Chiavari e a Genova
Le celebrazioni nel corso del pomeriggio di oggi, domenica 29 dicembre
Si sono svolte nel corso del pomeriggio odierno a Chiavari e a Genova le celebrazioni per l’apertura dell’Anno giubilare “Pellegrini di Speranza”.
Le celebrazioni della Diocesi di Chiavari
Un lungo corteo processionale che dal piazzale antistante l’ospedale di Chiavari ha raggiunto la Cattedrale di Nostra Signora dell’Orto ha segnato questo pomeriggio l’apertura diocesana del Giubileo.
Il cammino, aperto dal “Santo Cristo” venerato nella parrocchia di Santa Maria di Nazareth a Sestri Levante, ha percorso il centro storico chiavarese per poi culminare in Cattedrale, gremita in ogni ordine di posto dai fedeli giunti dalle Parrocchie del territorio.
Lì il vescovo Giampio Devasini ha presieduto la Concelebrazione eucaristica.
L’omelia del vescovo Devasini
«Cari fratelli e sorelle,
l’Anno giubilare che oggi inizia in tutte le Diocesi del mondo è un cammino che si annuncia portatore di speranza e di indulgenza.
La speranza cristiana è radicata nell’amore di Dio: amore che si è manifestato in Cristo Gesù, il Figlio del Padre crocifisso, morto e risorto; amore di Dio che continuamente ci viene offerto ad opera dello Spirito Santo; amore di Dio che ci accoglierà quando, con la morte, usciremo dalla scena di questo mondo. A quest’ultimo riguardo è cosa buona ribadire che la speranza nella vita oltre la morte è pienamente cristiana solo se è animata dall’impegno a praticare, nel tempo presente, la Parola del Signore.
La speranza cristiana, nel tempo del nostro pellegrinaggio terreno, dunque non è un sentimento astratto, non è un’attesa passiva, non è una fuga dalla realtà, non è una ingenua illusione.
La speranza cristiana, nel tempo del nostro pellegrinaggio terreno, è un atteggiamento realistico, profetico e rivoluzionario: è vedere oltre le ombre del presente; è continuare a camminare anche quando tutto sembra perduto; è non cedere alla tentazione del disincanto e della rassegnazione; è credere che anche nelle situazioni più buie c’è sempre un germoglio di vita che attende di sbocciare; è non lasciarsi dominare dalla paura del domani; è la convinzione che il dolore e le difficoltà non hanno l’ultima parola; è quella lucerna accesa che illumina anche le notti più buie, spingendo a credere nel potere trasformativo dell’amore; è una forza che permette di affrontare le sfide più complesse della contemporaneità; è non farsi prendere dallo scoraggiamento di fronte ai dati delle indagini sociologiche su fede e appartenenza ecclesiale ma saper cogliere in essi la provocazione ad una maggiore fedeltà al Vangelo; è la «convivenza con l’incompiuto» (Tonino Bello), è «l’aurora dell’atteso, nuovo giorno che colora ogni cosa della sua luce» (Jürgen Moltmann). La speranza cristiana è tutte queste dimensioni ed altre ancora perché si fonda sulla certezza di fede che il Signore cammina con noi; perché si fonda sulla certezza di fede che il Signore, nonostante tutto, sta scrivendo una storia di salvezza; perché si fonda sulla certezza di fede che il Signore agisce nella storia per condurla verso la pienezza del suo Regno.
Come si custodisce la speranza cristiana? Nutrendosi della Parola di Dio, partecipando alla vita sacramentale della Chiesa e «tirando l’avvenire di Dio nel presente del mondo» (Jürgen Moltmann) e cioè non attendendo passivamente un domani migliore ma lottando qui e ora per realizzarlo. Sì, non si è cristiani se, nella propria vita di ogni giorno, non ci si impegna ad essere artigiani di pace, di giustizia, di perdono, di solidarietà con chi è dimenticato, con chi è stanco, con chi non ce la fa, con chi è solo e abbandonato.
C’è poi una seconda dimensione dell’Anno giubilare e cioè, come ricordavo all’inizio, quella della indulgenza. È una parola che evoca un concetto che sa di lontano, di arcaico, persino di giuridico/burocratico e qui mi fermo. È una parola che evoca un concetto di non facile comprensione e accettazione. Personalmente ritengo che questa parola possa intercettare l’uomo contemporaneo solo se la si intende non come uno sconto di pena – e anche qui mi fermo – ma come un incentivo ad intraprendere con rinnovato vigore una vita buona e santa; solo se la si intende come l’accoglienza – che sempre c’è da parte di Dio – del desiderio di rientrare al più presto in una comunione di amicizia e di amore con Lui e con i fratelli e le sorelle, comunione infranta dal peccato e cioè dall’egoismo e di cui, più o meno consapevolmente, avvertiamo una profonda nostalgia. Va da sé che il desiderio e la nostalgia in questione sono autentici solo se sono accompagnati dalla disponibilità a rimediare, nei limiti del possibile, agli errori commessi e a cambiare vita.
Cari fratelli e sorelle, la risurrezione di Cristo, è l’evento che garantisce che il male e la morte non hanno l’ultima parola. Radicati in questa certezza di fede, aiutiamoci a non lasciarci rubare la speranza, aiutiamoci a «sperare contro ogni speranza» (Rm 4,18), aiutiamoci ad essere pellegrini di speranza e cioè a portare speranza là dove è stata perduta, nelle vite ferite, nelle attese tradite, nei sogni infranti. Sì, la speranza è un dono e come ogni dono soggiace ad un regola ferrea: o è ridonato o muore. Che Maria SS.ma, ci aiuti a ridonare il dono e cioè ci aiuti ad essere, con la parola e con la vita, testimoni credibili e gioiosi di Cristo Gesù, «nostra speranza» (1Tm 1,1). Amen».
Le celebrazioni della Diocesi di Genova
Questo pomeriggio nel capoluogo ligure monsignore Marco Tasca, Arcivescovo di Genova, ha aperto ufficialmente il Giubileo nella Diocesi di Genova.
Alle 15.30 nella Chiesa del Gesù gremita di fedeli si è aperta la celebrazione, con la lettura di alcuni brani della Bolla di indizione del Giubileo di Papa Francesco e la lettura di un brano evangelico.
Quindi, ha preso il via la processione verso la Cattedrale di San Lorenzo, simbolico “pellegrinaggio” verso la Chiesa giubilare, con il canto delle Litanie dei Santi.
Giunti sul sagrato della Cattedrale, Padre Marco Tasca si è fermato dinanzi al Cristo bianco della Chiesa di Mignanego, portato in processione, e ha introdotto il momento di apertura del Giubileo con l’invocazione: «Tu sei la nostra speranza, non saremo confusi in eterno».
Quindi, con la lettura di Levitico 25, l’annuncio del Giubileo, suggellato dal suono dell’antico corno di montone che è conservato nella basilica dell’Immacolata.
Dopo il suono del corno – jobel – è stato suonato l’inno del Giubileo.
In Cattedrale, l’Arcivescovo ha presieduto la celebrazione eucaristica con i Vicari Episcopali e i sacerdoti della Diocesi. Erano presenti Marco Bucci, presidente della Regione, Pietro Piciocchi, vice sindaco reggente di Genova e diverse autorità civili e militari. Grandissima la partecipazione dei fedeli, sia nella Chiesa del Gesù che in Cattedrale.
L’omelia dell’arcivescovo Tasca
Nell’omelia l’Arcivescovo ha sottolineato l’importanza di questo momento di Chiesa, vissuto a Genova come in tutte le altre Diocesi del mondo.
«La Chiesa di Genova è una famiglia di famiglie, che appartiene alla Chiesa italiana e alla Chiesa universale. Nella famiglia ci sono le nostre radici, che vanno salvaguardate perché altrimenti la vita inaridisce».
Quindi, l’Arcivescovo ha posto l’accento su alcune emergenze legate al tema della famiglia: l’inverno demografico, «una tragedia per nostro Paese perché va contro la nostra coscienza, la nostra patria e il nostro futuro».
Lavoro povero, povertà educativa ed energetica sono i grandi problemi che oggi devono affrontare le famiglie: tutti, ciascuno per il proprio ruolo, siamo chiamati a farcene carico.
Il tema del Giubileo, la speranza che non delude, può indurre a trasformare in gesti concreti quanto raccomandato dal Papa nella Bolla di indizione. Tra i gesti concreti l’Arcivescovo ha raccomandato in particolare la visita ai luoghi di misericordia (ospedali, carceri e cimiteri).
Chiunque, pur non andando in pellegrinaggio a Roma, potrà vivere l’Anno Santo nella Diocesi grazie alle 5 chiese giubilari: la Cattedrale, il Santuario della Guardia, il Santuario del Suffragio a Recco, il Santuario di Arenzano e il Santuario di Gavi.