Dall’economia circolare al futuro delle energie rinnovabili, passando per gli ostacoli normativi che ancora frenano la crescita del settore in Italia. Sono stati questi i temi centrali del panel dedicato all’energia nell’ambito dei Portofino Talks, organizzati da Philia Associates, a cui hanno partecipato Carlo Gonella, amministratore delegato della società, e Alessandro Massone, presidente di Re2sources.
Economia circolare come modello di sviluppo
«L’economia circolare non è più una possibilità, ma una necessità», ha spiegato Massone. «Vuol dire trasformare un problema in una risorsa. Il nostro modello, basato sulla produzione di biometano a partire dagli scarti, non è solo sostenibile, ma anche attrattivo: lo dimostra l’ingresso di nuovi fondi, compresi investitori esteri, per realizzare altri impianti in Italia».
Secondo i vertici di Re2sources, se tutti i cittadini italiani fossero rigorosi nella raccolta differenziata, i rifiuti organici potrebbero produrre circa 700 milioni di metri cubi di biometano, rispetto ai poco meno di 600 milioni generati oggi dagli impianti esistenti.
Gli obiettivi e le sfide del settore
Il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima ha fissato per il 2030 un traguardo ben più ambizioso: 5,7 miliardi di metri cubi di biometano.
«Per arrivarci – ha sottolineato Gonella – servono un nuovo sistema di incentivi, che vada a sostituire quello attuale ormai in esaurimento, e soprattutto procedure autorizzative rapide e certe. Oggi i tempi in Italia possono arrivare fino a otto anni, mentre in altri Paesi europei sono mediamente tre o quattro».
Verso il futuro dell’energia
Gonella ha aggiunto che le rinnovabili non possono da sole garantire la stabilità del sistema:
«Servono equilibrio e diversificazione. Le fonti variabili come solare ed eolico devono essere integrate con fonti a produzione costante, come il biometano, e con una componente di base solida – ad esempio il nucleare – capace di assicurare continuità. Il gas continuerà a restare, ma sarà progressivamente sostituito dal gas rinnovabile immesso in rete».
Norme e consenso sociale
Sul fronte normativo, Massone ha ribadito che il principale problema resta la lentezza burocratica:
«Senza tempi certi, gli investitori non riescono a programmare e i fondi si orientano altrove. Così l’Italia rischia di accumulare fino a dieci anni di ritardo». Altrettanto importante, ha aggiunto, è il rapporto con i territori: «Gli impianti spesso vengono percepiti come una minaccia. Il dialogo con le comunità locali è essenziale per far capire che questi progetti non rappresentano un rischio, ma una grande opportunità per l’ambiente, per il lavoro e per la crescita sociale».