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Epifania, le parole del vescovo Devasini

"I magi simbolo di tutti i popoli che scoprono nel bambino nato a Betlemme il salvatore" ha affermato il vescovo nell'omelia del 6 gennaio

Epifania, le parole del vescovo Devasini
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Nella solennità dell'Epifania il vescovo diocesano, monsignor Giampio Devasini, ha celebrato la santa messa pontificale in duomo a Chiavari alle 18. Ecco le parole pronunciate dal vescovo nell'omelia.

L'omelia

Nel brano di Vangelo che è stato ora proclamato, Matteo non intende raccontarci un fatto con la precisione di uno storico; l’arrivo dei magi – letteralmente “maghi”: misteriosi personaggi di cui in realtà non sappiamo nulla – è per lui piuttosto un segno da leggersi sullo sfondo della profezia di Isaia che abbiamo ascoltato quando è stata proclamata la prima lettura. Più precisamente, l’evangelista riprende le parole del profeta («La tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli») e le applica non più al solo Israele, ma a tutta l’umanità e vede nei magi il simbolo di tutti i popoli che scoprono nel bambino nato a Betlemme il salvatore del mondo intero. Sì, Dio è di tutti e per tutti fa sorgere una stella, per chiunque lo cerchi con cuore sincero.

I magi vengono da lontano, da Oriente, dice Matteo, e si mettono in cammino prima di tutto perché hanno visto una stella; sono, definiti con i criteri di oggi, studiosi che sanno leggere i segni della natura, della creazione; per loro, ciò che accade nel mondo non è casuale, non è senza senso. Tutto ha un significato anche se non sempre di immediata evidenza. Ma quando i magi arrivano a Gerusalemme hanno bisogno di un’altra guida. I capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo offrono ai magi le parole di un libro che essi ancora non conoscevano: la sacra Scrittura. E attraverso le parole del profeta Michea, i magi si incamminano verso Betlemme, distante del resto solo pochi chilometri. Curioso: i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, professionisti della religione, conoscono benissimo la sacra Scrittura e quindi sanno – lo dicono a Erode – che il Cristo, il Messia deve nascere a Betlemme epperò, alla notizia portata dai magi che questo forse è accaduto, non si muovono. Perché? Forse perché stanno bene così e non attendono più niente e più nessuno; forse perché per loro la conoscenza della sacra Scrittura è diventata semplicemente uno strumento per avere potere, denaro e privilegi; forse perché per loro Dio è un dovere e non una passione, un desiderio. I capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo rappresentano la religione che, chiusa nel proprio meccanismo di abitudini e di tradizioni, difende le proprie false sicurezze. Quando i magi arrivano finalmente a Betlemme, Matteo ne sottolinea tre atteggiamenti.

Prima di tutto provano una grandissima gioia. La gioia di scoprire che la loro ricerca, il loro cammino aveva un senso: un senso dapprima solo intuito e ora compiutamente dispiegatosi. Cari fratelli e sorelle, la fede non è questione di certezze: quelle le hanno i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo e di riflesso chiunque vive la religione come una ideologia. Sì, la fede non è possesso, garanzia, sicurezza. La fede è resa, consegna, abbandono. Chi crede non avanza nella serena luminosità del giorno ma cammina nella notte, pellegrino verso la luce, proprio come i magi.

Secondo atteggiamento: i magi si prostrano, riconoscendo così nel bambino la presenza di Dio e, allo stesso tempo, riconoscendo la propria condizione di esseri certo segnati dal limite ma anche amati, attesi. Non solo. Con la loro prostrazione i magi ci dicono che la strada più breve e diritta tra l’uomo e Dio è la carne di Gesù.
Infine – terzo atteggiamento – i magi offrono alcuni doni o, meglio, con gratitudine li restituiscono a Colui che riconoscono come il datore di ogni dono. Ma il dono più bello, il più grande, è il loro stesso viaggio, è il loro stesso desiderio. Questo è il grande dono che anche noi possiamo offrire a Dio. Egli infatti ha desiderio che noi abbiamo desiderio di lui.

Anche la frase finale della scena descritta da Matteo ha un valore simbolico profondo: «Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese». La strada dei magi non può essere mai la stessa strada di Erode. Mentre Erode è chiuso nelle sue false certezze, i magi sognano e camminano, ma hanno incontrato un bambino e hanno compreso che i loro sogni hanno un fondamento reale. La stella – la natura, il creato – avevano davvero un senso. Le parole di quel libro letto a Gerusalemme, la Bibbia, avevano un senso: il bambino è davvero quel salvatore che ha riempito la loro vita di gioia. Amen.

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