il caso

«Il fiume Lavagna va pulito subito, così non si può andare avanti»

Dopo l’ennesima esondazione, l’appello: «Alveo saturo di ghiaia e vegetazione, aree golenali occupate dal cemento. Servono lavori urgenti, prima che ai danni si aggiungano le vittime»

«Il fiume Lavagna va pulito subito, così non si può andare avanti»

Il maltempo delle ultime ore ha riportato sotto i riflettori il tema della sicurezza idraulica in Fontanabuona. A intervenire con forza è Umberto Righi, FIMA Chiavari, che da anni denuncia i rischi legati alla gestione del fiume Lavagna e dei corsi d’acqua della valle.

«Non è cambiamento climatico, ma incuria»

«Non è un’ossessione – chiarisce Righi – ma la cruda realtà. Non si tratta di colpe degli amministratori di oggi: il problema si trascina da decenni. In poche ore il torrente Lavagna è passato da rigagnolo in secca a fiume esondato, con l’acqua che ha travolto ponti, automobili, capannoni, garage e campi coltivati. Non è il cambiamento climatico a provocare queste situazioni: il Lavagna si prosciuga perché l’acqua viene aspirata per alimentare la riviera, e poi tracima perché il suo alveo è ostruito da ghiaia, sabbia e vegetazione».

Righi cita anche l’alluvione del 17 ottobre 2024, che aveva provocato gli stessi danni, in gran parte negli stessi punti:

«È la prova che non si tratta di un episodio eccezionale, ma della conseguenza di un problema strutturale che nessuno affronta davvero».

L’alveo saturo di ghiaia

Secondo Righi, i depositi ghiaiosi costituiscono il nodo principale.

«Si tratta di materiali inerti scesi a valle per erosione e frane, che nel tempo si accumulano nel letto del fiume, rialzandolo anche di metri. Questo riduce drasticamente la capacità di contenere le piene. In molti casi, gli accumuli provocano anche deviazioni del corso d’acqua, con erosioni degli argini e crolli di strade, piste ciclabili e muri di contenimento».

La situazione si è aggravata, sottolinea, con il divieto di estrazione della ghiaia imposto da leggi ambientaliste.

«La saturazione degli alvei è frutto anche di scelte sbagliate: invece di asportare i materiali, le amministrazioni li spianano o li spingono verso i bordi. Al primo pienone, tutto torna in circolazione e si accumula poco più a valle».

Urbanizzazione nelle golene

Righi denuncia anche un problema tipico della Liguria:

«La poca pianura disponibile coincide con le golene dei fiumi, e lì si è costruito. Case, capannoni, piazzali industriali: oggi quelle aree che un tempo servivano da sfogo naturale alle piene sono occupate dal cemento. Così il fiume, quando cresce, non ha più spazi di sicurezza e si riversa sulle abitazioni e sulle attività».

Un cambiamento che ha stravolto anche gli argini: «Un tempo erano in terra, palizzate o gabbioni: ora sono in massi di cava, e hanno ristretto ulteriormente il letto del fiume per guadagnare spazio a favore di posteggi e piazzali».

«Cosa si deve fare»

Umberto Righi non si limita alla denuncia, ma avanza alcune soluzioni precise:

  • pulizia radicale dell’alveo, con rimozione e asporto di alberi, arbusti e radici;

  • asportazione della ghiaia depositata, da utilizzare in frantoi o per opere locali;

  • allargamento del letto del fiume e creazione di aree di deposito naturale dei sedimenti;

  • ripristino delle briglie che un tempo rallentavano le piene e favorivano la ricarica delle falde sotterranee, utili per l’agricoltura.

«Un tempo – ricorda – queste briglie consentivano di allagare le golene, lasciando sul terreno i nutrienti dei fanghi di piena e garantendo acqua nei pozzi durante l’estate. Oggi tutto è stato distrutto e sostituito dal cemento».

«La politica agisca prima che sia tardi»

La conclusione è un appello forte:

«Questi lavori sono urgenti e inevitabili. Non si può continuare a rinviare, nascondendosi dietro la scusa del cambiamento climatico o delle competenze frammentate tra enti. Se non si interviene, oltre ai danni materiali, arriverà il giorno in cui dovremo contare anche le vittime. Il fiume non guarda in faccia nessuno: se costretto, passa e distrugge».

Il Ponte Rachele Lagomarsino