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Mazzino: «Medici di famiglia, attenzione alle facili semplificazioni»

Sul nuovo ruolo unico interviene il docente chiavarese di Economia sanitaria

Mazzino: «Medici di famiglia, attenzione alle facili semplificazioni»
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Dal 1° gennaio 2025 sono entrate in vigore le nuove regole per i medici di medicina generale. Le ha introdotte l’Accordo Collettivo Nazionale (ACN), ridisegnando la medicina territoriale con l’intento di renderla più uniforme e accessibile. Una riforma che sulla carta promette più presenza sul territorio, più servizi e maggiore organizzazione. Ma nella realtà? Le cose sono un po’ più complicate. Ma quali saranno gli effetti concreti sul sistema sanitario? Ne parliamo con Enrico Mazzino, docente chiavarese di Economia e Management Sanitario all’Università di Genova, che mette subito le mani avanti:

«Attenzione a pensare che basti cambiare le regole per risolvere tutto. Il sistema sanitario ha bisogno di visione, persone e strumenti. Altrimenti è solo teoria».

Le nuove regole

I medici più giovani, quelli che iniziano da quest’anno, dovranno lavorare anche nelle Case di Comunità, strutture sanitarie dove ci si occupa anche di vaccinazioni, visite e piani di cura per i pazienti cronici. A seconda del numero di assistiti, le ore da passare in struttura si riducono. I medici che avevano già pazienti, invece, prima del 2025, potevano decidere se restare col vecchio sistema o passare al nuovo. Ora invece no. L’idea, in sé, è buona: portare i medici vicino ai cittadini e creare squadre di lavoro tra diversi professionisti. Ma il rischio, secondo Mazzino, è quello di partire dal tetto senza avere ancora le fondamenta.

Giovani scoraggiati, strutture ancora da costruire

«Abbiamo bisogno di medici, ma i giovani sono sempre meno attratti dalla medicina generale», spiega. «Le regole sono ferme a un contratto vecchio, mentre il mondo è andato avanti. E le Case di Comunità, per ora, sono più sulla carta che sul territorio». Il vero problema? «Si rischia di sovraccaricare chi già lavora da anni, senza dare loro strumenti nuovi. Non si può chiedere tutto ai medici se poi mancano risorse, spazi e una direzione chiara».

Una questione di rapporto umano

Alla fine, per Mazzino, il cuore del problema è un altro.

«La medicina di famiglia non è solo visite e burocrazia. È rapporto, è fiducia. È quel medico che ti conosce, che sa chi sei. Questo non si costruisce con una norma. Servono tempo, formazione, e soprattutto una visione condivisa su cosa vogliamo dalla sanità di domani».