Diocesi di Chiavari

Pasqua in Cattedrale, le parole del Vescovo Devasini

L'omelia ieri, domenica 9 aprile

Pasqua in Cattedrale, le parole del Vescovo Devasini
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L'omelia pronunciata dal vescovo di Chiavari monsignore Giampio Devasini in occasione della celebrazione di Pasqua presieduta nella Cattedrale di Nostra Signora dell'Orto.

L'omelia

Cari fratelli e sorelle,

c’è una notizia più importante, più sorprendente e stupefacente della risurrezione di Gesù? No, non c’è. Pasqua è il ‘caso serio’, davvero insuperabile, l’evento fondamentale e il più fenomenale di tutta la storia: passata, presente e futura. E invece, a pensarci bene, dovremmo dire che sì, una notizia più stupenda della risurrezione di Cristo c’è. Ed è il fatto che se – poiché – Cristo è risorto, allora siamo già risorti anche noi con lui. Ce l’ha detto poco fa san Paolo nella seconda lettura (Col 3,1-4): «Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù».

«[...] siete risorti con Cristo», lett. «con-risuscitaste, siete con-risorti» con Cristo. Alla base dell’esistenza cristiana sta un fatto: la solidarietà di destino dei cristiani con il Cristo morto e risorto. Comunque si spieghi questo fatto, come processo di identificazione o come condivisione sacramentale, esso mette in moto un nuovo dinamismo spirituale che viene espresso sia con lo schema spaziale – alto/basso, o cielo/terra – sia con quello temporale – passato/futuro. Certo, oggettivamente la nostra vita di risorti scaturisce da quella di Cristo, come un fiume sgorga dalla sorgente. Ma soggettivamente dobbiamo riconoscere che credere alla nostra risurrezione già incominciata, anche se non ancora compiuta, ci risulta notizia quasi più in-credibile e strabiliante dell’evento senz’altro prioritario e determinante della risurrezione di Cristo.

In effetti la croce gloriosa di Gesù non può essere ridotta a un buon esempio da seguire per vivere una vita nuova. La potenza salvifica del Crocifisso-Risorto non può essere limitata alla pura e semplice offerta di un insegnamento morale, attraverso il suo alto ed eroico esempio di vita. Si tratterebbe esattamente di una realtà che resta esterna a noi. Ma niente di quanto è esterno all’uomo ha il potere di cambiare il cuore dell’uomo.

Ora il peccato è installato proprio nel cuore ed è proprio nel cuore che richiede di essere innestato il principio di una vita nuova. L’esuberante sorgente di una esistenza bella- buona-beata ha addirittura il volto e il nome dello stesso Spirito di Gesù. La conformazione a Cristo, iniziata con il nostro battesimo, viene educata e coltivata dallo Spirito Santo che ci guida a vivere non solo ad immagine di Gesù, ma a ‘lasciarci vivere da Gesù’. Al punto che ogni cristiano, il quale, per quanto peccatore, resta aperto al soffio creatore e ricreatore dello Spirito del Risorto, può dire con s. Paolo: «[...] non più io, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20).

Proviamo ora a declinare i verbi della vita nuova offertaci da Gesù risorto attraverso la sua penetrazione interiore nel nostro cuore, operata dal suo Santo Spirito.

Il primo è il verbo ‘credere’. Siamo chiamati dallo Spirito Santo non solo a credere ‘a’ Gesù, ma anche a credere ‘come’ Gesù, anzi ‘in’ Gesù. Provo a spiegarmi. Per Gesù credere non è stato tanto aderire a una lista di verità riguardanti Dio che peraltro lui stesso ci ha rivelato e insegnato. Per Gesù credere è stato fidarsi del Padre e affidarsi al suo sconfinato amore. Addirittura Gesù si è ‘effettivamente’ abbandonato al Padre anche quando si è sentito da lui ‘affettivamente’ abbandonato. Sulla croce, dopo aver gridato: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?», sul punto di spirare si è abbandonato con piena fiducia e ha sospirato: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46). San Paolo dirà «Che il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori» (Ef 3,17). Ora l’atto di fede con il quale l’uomo contempla il Cristo risorto e lo proclama Signore, è il frutto dell’azione dello Spirito Santo dentro il cuore dell’uomo.

Un secondo verbo della vita risorta è il verbo ‘amare’. Leggiamo in san Paolo: «L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5). L’amore è la legge nuova del cristiano, che ci spinge a fare o a non fare certe cose: non più però mediante ‘costrizione’, con la minaccia delle sanzioni, come nella legge antica e come avviene con ogni legge esterna e scritta, ma mediante ‘attrazione’, cancellando dal nostro io il timore servile e instillando nel nostro cuore l’amore filiale. Se prima l’uomo guardava a Dio con l’occhio sospettoso e ostile con cui lo schiavo guarda il suo padrone, ora guarda a lui come all’alleato, all’amico, al Padre, e dalle sue labbra sgorga il grido di riconoscenza e di riconoscimento: «Abbà, Padre!» (Rm 8,15). Lo Spirito Santo libera dal nostro cuore l’amore dalla prigionia dell’egoismo. Non impone solo il dovere di fare la volontà di Dio, ma infonde anche il piacere di compierla. L’uomo comincia a fare volentieri le cose che Dio comanda, in quanto si sente lui stesso amato da Dio. Si situa qui il decisivo passaggio dalla schiavitù del peccato alla libertà della grazia.

Ci sarebbero ancora tanti altri verbi che connotano la vita dei cristiani risorti. Permettetemi di accennare almeno ad un ultimo, non meno importante e decisivo dei primi due elencati: i verbi credere e amare. E’ il verbo ‘pregare’. Non dobbiamo mai dimenticare che ogni aspetto della nostra relazione con Dio Padre viene plasmato dall’azione dello Spirito Santo. Così il credere è un credere nello Spirito, l’amare diventa un amare nello Spirito, il soffrire un soffrire nello Spirito, il pregare un pregare nello Spirito. San Paolo ci ha ricordato poco fa che, venendo in noi, lo Spirito Santo grida: «Abbà, Padre!». Ecco: egli ci fa sentire amati da Dio come nostro «Abbà» e ce lo fa riamare come Papà, Babbo caro. E’ Papà tenerissimo e fortissimo. Padre, ma onnipotente. Onnipotente, ma Padre. Un Dio paterno e materno, ma tutt’altro che sdolcinato e svenevole. Quando scocca questa scintilla nel nostro cuore, la preghiera decolla e prende quota.

Cari fratelli e sorelle, c’è una vita più umana di una vita autenticamente cristiana? A mio avviso, no.

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