In una cappelletta in mezzo ai castagni e alla natura della Valle Sturla, sotto una tela, per almeno cinquecento anni, si è nascosta un’opera d’arte che ha visto nuovamente la luce grazie ad un team di appassionati e professionisti che, intenti a restaurare un quadro, hanno scoperto un affresco insolito. E’ accaduto nella frazione di Levaggi, nel comune di Borzonasca, nella cappella di Sant’Antonio Abate dove di recente è stato rinvenuto un affresco raffigurante la Madonna del latte tra Sant’Antonio e Sant’Egidio, con una raggiera fiammeggiante, solitamente attribuita allo Spirito Santo.

La storia
“Un’iconografia del tutto insolita per l’epoca – spiega la restauratrice dello Studio Oberto Margherita Levoni – ad una prima analisi l’opera è databile intorno al 1400, ma serviranno ulteriori approfondimenti per saperne di più” .
Una scoperta avvenuta per caso mentre la Levoni, insieme al suo team, era intenta al recupero di una grossa tela, raffigurante sempre la Vergine con Gesù bambino in gloria, i santi Antonio, Egidio, ma anche San Rocco e Sant’Anna. Oltre all’unicità della scoperta e della rappresentazione, ciò che colpisce è la storia, che piano piano va ricostruendo ciò che potrebbe spiegare perché tale raffigurazione è stata celata per così tanti secoli:
“Dagli scritti dei fratelli Remondini si legge della visita alla cappella che fece Monsignor Bossio, Vescovo di Novara, dopo il Concilio di Trento in cui, proprio riferendosi a questa modesta cappella, scrisse che le pareti dovevano essere imbiancate, forse proprio per le rappresentazioni non più conformi ai dettami della Controriforma”, racconta Vito Basso, cultore e appassionato di storia locale che fu il primo promotore del restauro della tela che ha permesso tale scoperta.
In ottemperanza a quanto contenuto nel decreto del vescovo dunque, gli abitanti di Levaggi , nel XVI secolo imbiancarono le pareti della chiesa, ma con ogni probabilità preferirono occultare tale affresco piuttosto che cancellarlo:
“Non possiamo affermarlo con certezza, spetta ora agli studiosi fare le verifiche e le ricerche del caso, ma probabilmente la saggezza delle persone di un tempo ci permette oggi di avere un’opera così inedita come patrimonio” , conclude Basso.