Te Deum di fine anno, l'omelia del Vescovo Devasini
Tenuta ieri, domenica 31 dicembre
Te Deum di fine anno, l’omelia tenuta ieri, domenica 31 dicembre, del Vescovo di Chiavari, monsignore Giampio Devasini.
L’omelia
Cari fratelli e sorelle, dalla Prima Lettura – tratta dal Libro dei Numeri – apprendiamo di un ordine dato da Dio, tramite Mosè, ad Aronne e ai suoi figli: «benedirete gli israeliti» e non aggiunge “sempre che se lo meritino”. Si tratta di un ordine che oggi Dio rivolge a ciascuno di noi: sì, oggi tocca a me, benedetto da Dio, imparare a benedire gli altri. Benedire e mai maledire. Cosa significa benedire? Benedire al modo di Dio significa dire all’altro – con i fatti prima ancora che con le parole – che Dio lo ama per primo, gratuitamente, smisuratamente, incondizionatamente. Benedire al modo di Dio significa scovare il bene che è nell’altro e fare tutto il possibile perché questo bene venga alla luce. E non dimentichiamo mai che quando Dio dà un ordine lo dà unicamente per il nostro bene e dona tutti gli aiuti necessari per vivere tale ordine in pienezza e con fedeltà. A questo riguardo vi invito a leggere con attenzione, per intero e senza precomprensioni ideologiche la recente Dichiarazione Fiducia supplicans sul senso pastorale delle benedizioni emanata dal Dicastero per la Dottrina della Fede, approvata da papa Francesco con la sua firma e che tanta divisione sta generando nella Chiesa. Al n. 19 Diocesi di Chiavari CURIA VESCOVILE Ufficio per le Comunicazioni Sociali Piazza Nostra Signora dell’Orto, 7 - 16043 CHIAVARI Telefono: 0185.59051 / 349.2240030 Email: portavoce@chiavari.chiesacattolica.it leggiamo: «Nel suo mistero di amore, attraverso Cristo, Dio comunica alla sua Chiesa il potere di benedire. Concessa da Dio all’essere umano ed elargita da questi al prossimo, la benedizione si trasforma in inclusione, solidarietà e pacificazione. È un messaggio positivo di conforto, custodia e incoraggiamento. La benedizione esprime l’abbraccio misericordioso di Dio e la maternità della Chiesa che invita il fedele ad avere gli stessi sentimenti di Dio verso i propri fratelli e sorelle». Al n. 31 leggiamo: «Nell’orizzonte qui delineato si colloca la possibilità di benedizioni di coppie in situazioni irregolari e di coppie dello stesso sesso, la cui forma non deve trovare alcuna fissazione rituale da parte delle autorità ecclesiali, allo scopo di non produrre una confusione con la benedizione propria del sacramento del matrimonio. In questi casi, si impartisce una benedizione che non solo ha valore ascendente ma che è anche l’invocazione di una benedizione discendente da parte di Dio stesso su coloro che, riconoscendosi indigenti e bisognosi del suo aiuto, non rivendicano la legittimazione di un proprio status, ma mendicano che tutto ciò che di vero, di buono e di umanamente valido è presente nella loro vita e relazioni, sia investito, sanato ed elevato dalla presenza dello Spirito Santo. Queste forme di benedizione esprimono una supplica a Dio perché conceda quegli aiuti che provengono dagli impulsi del suo Spirito – che la teologia classica chiama “grazie attuali” – affinché le umane relazioni possano maturare e crescere nella fedeltà al messaggio del Vangelo, liberarsi dalle loro imperfezioni e fragilità ed esprimersi nella dimensione sempre più grande dell’amore divino». Cari fratelli e sorelle, alla luce del Vangelo poc’anzi proclamato risulta evidente la verità, la bontà, la bellezza della linea assunta dal Magistero con la predetta Dichiarazione. Eh sì, stando al Vangelo infatti, ad accogliere Gesù non sono i sommi sacerdoti, gli scribi, i farisei ma i pastori, la feccia di Israele: spesso dediti a furti e talvolta anche ad omicidi, i pastori non osservavano le regole di purità rituale e non partecipavano, a motivo del loro mestiere, alle liturgie che si svolgevano nelle sinagoghe e nel tempio di Gerusalemme ed erano perciò considerati esclusi dalla salvezza. Ebbene, sono proprio gli impuri e disprezzati pastori non solo ad accogliere per primi Gesù ma anche a far conoscere al mondo la grande novità che diventerà poi il filo conduttore del Vangelo: quando Dio s’incontra con i peccatori non li incenerisce nella sua ira ma li avvolge con il suo amore perché non è attratto dai meriti delle persone ma dai loro bisogni ed è benevolo verso gli ingrati e i malvagi. Una novità così dirompente che, dice il Vangelo, «Tutti quelli che udivano si stupirono», cioè, si sconvolsero appunto perchè, secondo la dottrina tradizionale Dio castiga i peccatori. È lo scandalo della misericordia di Dio e cioè dell’amore che Dio rivolge a tutti senza lasciarsi condizionare dal comportamento o dalle risposte degli uomini: scandalo di ieri, scandalo di oggi. Scandalo che genera miracoli: e «I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio». Quelli che erano considerati i più lontani da Dio, una volta che hanno sperimentato il suo amore, ne diventano i più vicini. E Maria? Anche Maria è sconcertata da questa novità, perché – ripeto – non corrispondeva a quello che la religione aveva sempre insegnato, ma lei non lo rifiuta, incomincia a rifletterci: «Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore». Si tratta di un tappa fondamentale del cammino che porterà la Vergine Madre a diventare discepola del figlio suo Gesù. 2 Nel discorso alla Curia romana, papa Francesco ha detto: «A sessant’anni dal Concilio, ancora si dibatte sulla divisione tra “progressisti” e “conservatori”, ma questa non è la differenza: la vera differenza centrale è tra “innamorati” e “abituati”. Questa è la differenza. Solo chi ama può camminare». Ecco, cari fratelli e sorelle: chi è innamorato di Dio non si scandalizza della sua misericordia; chi è innamorato di Dio sempre benedice i fratelli e le sorelle che incontra lungo il proprio cammino. Amen.