Vita consacrata, il vescovo invita i religiosi al coraggio
La messa celebrata da monsignor Devasini in Cattedrale ieri, venerdì 2 febbraio

Ieri, 2 febbraio, festa della Presentazione al Tempio per la Chiesa Cattolica, si celebrava la XXVIII Giornata Mondiale della Vita Consacrata.
Il vescovo Giampio Devasini ha celebrato la messa in Cattedrale alle 18: nell'omelia il richiamo a vivere con coraggio questa fase particolarmente difficile e complessa delle comunità religiose, che vivono spesso la chiusura delle loro case per la mancanza di vocazioni religiose.
Da ultimi i frati cappuccini, che nel Tigullio hanno chiuso gli storici conventi di Santa Margherita Ligure e Sestri Levante, rinunciando così alla loro presenza sul territorio.
Le parole del vescovo
Riportiamo integralmente l'omelia pronunciata da monsignor Devasini.
Care religiosi e religiose,
innanzitutto sento essere cosa buona e giusta dirvi: grazie! Grazie per il vostro impegno ad essere segno profetico di gioia e di comunione; grazie per il tanto bene compiuto e che sicuramente continuerete a compiere. La Chiesa non sarebbe quella che è se non ci foste voi. Sì, tutti dobbiamo dirvi un immenso grazie, soprattutto in questo tempo in cui si usa criticare tutto e denunciare con asprezza e si dimentica, si censura il bene immenso che tutta la Chiesa ha ricevuto e riceve dai consacrati e dalle consacrate.
Grazie dunque e coraggio! In effetti abbiamo bisogno di farci coraggio. Anche nelle comunità di vita consacrata avverto il grigiore dello scontento, l’apprensione per il futuro, l’insistenza a considerare l’età dei consacrati e delle consacrate, la riduzione fino alla scomparsa di novizi e novizie, il peso delle strutture sproporzionate alla risorse. La lingua continua a battere dove il dente duole. Invece si deve dire: “coraggio!”. Perchè? Perché non mancano segni promettenti, spiragli di futuro: forme nuove di vita consacrata, presenze inedite di giovani che vengono da altre Chiese e da altre terre. Coraggio! Considerate la storia con i suoi alti e bassi e perseverate come sentinelle che spiano la nuova alba. Coraggio! Apprezzate la vostra vocazione e irradiate la gioia di
essere consacrati e consacrate: il Signore non vi ha deluso, non vi deluderà. Coraggio! Affrontate con fierezza e sapienza la responsabilità di essere laboratorio di quella Chiesa delle genti che voi già da anni realizzate e che è il futuro della nostra Chiesa. Coraggio! Bisogna avere coraggio.Certo, si avverte che alcune forme e alcune pratiche di vita nelle comunità e negli istituti risultano anacronistiche. È necessario riformare il linguaggio per farsi capire dai ragazzi e dalle ragazze di oggi. È necessario riformare l’organizzazione delle comunità accorpando case religiose, unendo province, gestendo con lungimiranza le risorse e le strutture per favorire la continuazione del carisma anche in assenza della comunità dell’Istituto di vita consacrata. È necessario riformare la vita delle comunità se la molteplicità degli impegni e dei servizi impedisce l’evidenza delle priorità della vita consacrata, e cioè la vita di preghiera e la vita di comunità. Sì, è necessario riformare. E infatti la vita consacrata si è avviata da tempo nel cammino di riformare se stessa e ogni istituto celebra il suo capitolo con grande impegno e frutti significativi. La vita consacrata soprattutto negli istituti di più lunga esperienza si propone come un modello praticato di quella sinodalità sulla quale tanto si insiste ora nella Chiesa intera.
Tutto quanto vi ho fin’ora detto deve ovviamente essere sempre accompagnato dalla consapevolezza che – come ci rivela chiaramente la festa della presentazione al Tempio, chiamata in Oriente festa dell’incontro – l’unico necessario è Gesù, incontrare lui, riconoscere in lui la luce, la vita, la gloria, la salvezza. Molte parole sono utili, provvidenziali, sapienti, illuminanti. Ma solo Gesù è necessario, solo lui è la roccia su cui costruire la vita, la comunità, la missione, la consacrazione. La testimonianza di Simeone rivela che se incontriamo Gesù tutto diventa luce, tutto trova il suo compimento e tutto si rivela relativo: vivere, morire, poter fare molto, non poter fare niente, essere giovani, essere vecchi, essere pochi, essere tanti. Tutto è relativo, tutto è niente, se vogliamo esagerare. Gesù è necessario: non una parola, non un ricordo, non un uomo, una donna, un carisma, un’opera. Uniti a lui affronteremo il tempo presente e il tempo futuro, i giorni di tempesta e di apprensione e i giorni di pace e di letizia, i contesti favorevoli e quelli ostili. Con Gesù. Cerchiamo Gesù, viviamo per lui, dimoriamo in lui, troviamo in lui quella parola che orienta il cammino, quella vocazione che decide la sequela, quella rivelazione che risponde e converte le domande e le attese di ogni uomo e di ogni donna. L’unico necessario è Gesù, ieri, oggi e sempre.
Amen.