E adesso don Pieracci incendia Belpiano
Una lettera firmata da 39 residenti di Belpiano rigetta le «oltraggiose calunnie» rivolte alla "gente del posto" da parte dell'ex gestore del centro d'accoglienza
I residenti di Belpiano indignati rispondono con una lettera alle accuse dell'ex gestore del centro d'accoglienza dell'Oasi di Belpiano, che li accusava dell'incendio in cui è andata bruciata la sua auto.
«Siamo gente per bene, quelle di Pieracci sono oltraggiose calunnie»
Sono 39 le firme poste in calce ad una lettera aperta inviata dai residenti di Belpiano di Borzonasca al Secolo XIX, per replicare alle «accuse infamanti» rivolte da don Mario Pieracci alla «gente del posto». Questo in quanto il sacerdote, ex gestore del centro d'accoglienza per migranti dell'Oasi e per lungo tempo al centro di tensioni con la popolazione locale, non aveva avuto dubbi all'indomani del rogo, nella notte fra il 12 ed il 13 gennaio, in cui è andata a fuoco la sua macchina e la legnaia di fronte a cui era parcheggiata: «Un gesto contro di me da parte di qualcuno del posto», aveva dichiarato senza mezzi termini alla stampa.
Se da un lato il dolo è un'ipotesi ritenuta probabile dagli inquirenti, dall'altro non vi sono prove riguardo l'autore o la matrice: anzi, col senno di poi si sta indagando su precedenti analoghi casi nel territorio di Borzonasca, all'epoca ritenuti frutto di guasti, il che potrebbe presumere la presenza di un piromane. Che dunque l'auto di don Pieracci possa essere stata data alle fiamme come rappresaglia a posteriori della lunga battaglia dei residenti contro il centro di accoglienza è mera speculazione. Che quegli stessi residenti rigettano: «Le dichiarazioni fatte da don Pieracci ci indignano - scrivono i 39 firmatari - la "gente del posto" che viene da lui accusata è gente per bene. Le battaglie intraprese in questi anni avevano come unico scopo quello che fosse lui a rispettare la legge, come dimostrato dagli innumerevoli provvedimenti a cui è stato sottoposto». Per la "gente del posto", oltretutto, a prescindere non ci sarebbe stato alcun movente, a battaglia ormai già "vinta": il centro di accoglienza, che Pieracci non gestisce più da ottobre scorso, è destinato a scomparire ed al suo posto il Comune di Borzonasca aderirà allo Sprar. «Nessuno avrebbe avuto interesse a far sì che uno sconfitto come don Pieracci potesse assumere il ruolo di vittima del paese che lui ha impoverito», scrivono i residenti. Che si dichiarano in conclusione pronti a fornire ogni aiuto possibile alle indagini sia per essere sollevati da quelle che definiscono «oltraggiose calunnie», sia per «poter presto tornare a vivere in serenità, come qui da noi s'era sempre vissuto».