Alcune precisazioni tecniche: perché vi possa essere una discriminazione in merito all'esercizio pubblico, secondo diritto, è necessaria una componente di impedimento attivo, diretto o indiretto (quale sarebbe, prendendo a spunto il caso qui citato, un *divieto di ingresso*, in quanto tale esercitato tramite una qualsivoglia selezione attiva). Insomma, come recita la legge, gli esercenti non possono, senza un legittimo motivo, rifiutare le prestazioni del proprio esercizio a chiunque le domandi e ne corrisponda il prezzo.
In questo caso, tuttavia, non solo tali prestazioni non sono rifiutate - né si avverte tramite l'affissione che lo vogliano essere - ma anche se lo si volesse fare non vi sarebbe modo per rifiutarle in base al presunto metro "discriminante", che non si richiama a una caratteristica fondante della persona, ma ad una inverificata ed inverificabile (e sarebbe illegittimo, in tale esercizio, richiederne verifica a cui far seguire un diverso trattamento, appunto) opinione personale.
Questo è quanto sostiene il diritto. È del resto la ragione per la quale gli agenti che si sono recati sul posto a controllare, non hanno potuto rilevare alcunché di illecito.
Per il resto, sulle opinioni, naturalmente ciascuno libero di pensarla come vuole, e di esprimere il proprio pensiero. Più informato è, poi, meglio è.