il commento

Criminologa Delfino: «Abbiamo conosciuto il peggio della giustizia»

A parlare dopo la decisione del Gip, la persona che ha fatto riaprire le indagini del caso Nada Cella

Criminologa Delfino: «Abbiamo conosciuto il peggio della giustizia»
Pubblicato:
Aggiornato:

«Abbiamo conosciuto il peggio della giustizia». A parlare dopo la decisione del Gip, la criminologa Antonella Pesce Delfino, la persona che ha fatto riaprire le indagini del caso Nada Cella:

«Sono forse gli effetti della Cartabia? - continua la criminologa - Attendiamo le motivazioni. Sono e sarò sempre disponibile ad un confronto.

Le sentenze si rispettano. Aspetterò 30 giorni per leggere le motivazioni che sicuramente saranno fondate e forse anche inappellabili. Il post canonico e perbenista finisce qui. Adesso ne inizia un altro, certamente non in linea con l’orientamento giuridico della recente Cartabia.

Ho conosciuto il peggio della legge attraverso fascicoli vecchi di 25 anni. E ho sempre pensato e sperato che alla verità si potesse ancora arrivare a piccoli, faticosissimi passi. E un processo sarebbe stato l’ennesima opportunitá per giungerci. Il mondo viene costruito ogni giorno attraverso cosa decidiamo di essere o non essere, cosa scegliamo di fare lo non fare. Da domani perciò sapremo tutti cosa ci dovremo aspettare se avremo voglia di rincorrere la giustizia e confidare in essa. Il nulla».

Quell'indagine nata da una tesi di laurea

L’indagine che aveva fatto riaprire il caso di Nada Cella era nata da un’intuizione e da una tesi di laurea, quella della pugliese Antonella Delfino Pesce. E’ proprio dalla sua tesi che aveva provato ad interessarsi ad uno dei cold case più famosi d’Italia.

«Una strada tutta in salita e in solitudine», aveva raccontato in quei giorni la genetista, «perché tutto sembrava perduto e tutti dicevano “Non ci sperare, tanto non arriverai a nulla”, era una situazione di stallo da almeno 10 anni, da quando c’era stata l’ultima riapertura per merito del bravissimo dottor Francesco Brancaccio, anche se non era arrivato dove voleva».

Era dalle sue ricerche durate tre anni - si parla di almeno 12mila pagine di un fascicolo che, nel frattempo, è andato in parte alluvionato - che era uscito il nome di Annalucia Cecere. Nel 2018 si presenta all’allora procuratore di Genova, Francesco Cozzi, alle spalle ha la mamma di Nada, Silvana Smaniotto e l’avvocato Sabrina Franzone, che pongono su di lei massima fiducia. E’ stata lei a consegnare quel nome al procuratore.
Oggi la decisione del gip di non andare a processo.
«Aspettiamo le motivazioni», ripete Delfino.
Seguici sui nostri canali