È stata archiviata l’inchiesta sulla frana che fece crollare una porzione del cimitero di Camogli il 22 febbraio 2021, quando precipitarono in mare circa 415 bare.
Secondo il giudice per le indagini preliminari Alberto Lippini, che ha accolto la richiesta della procura, il cedimento «non ha messo in pericolo la pubblica incolumità».
Il sostituto procuratore Fabrizio Givri aveva indagato cinque persone per frana colposa: l’ex sindaco di Camogli Francesco Olivari e i due predecessori, Italo Mannucci e Giuseppe Maggioni. Oltre a loro tre erano stati iscritti nel registro anche due dirigenti del Comune, responsabili dell’ufficio Lavori Pubblici. Le cinque persone in questione erano difese dagli avvocati Massimo Boggio, Emanuele Olcese, Gianluca Sacco e Guido Mottola. Per il pm, che ha richiamato ciò che emerse già durante l’incidente probatorio, l’area crollata «era stata interdetta al pubblico già il giorno prima». Inoltre, anche l’area sottostante alla parte di falesia franata era sgombra, in quanto era vigente un’ordinanza della Capitaneria di porto che aveva disposto il divieto di balneazione e la chiusura dello specchio d’acqua sottostante la falesia.
Due anni fa fu redatta una perizia, a cura della professoressa Donatella Sterpi, del Politecnico di Milano, e della dottoressa Francesca Franchi, che avevano spiegato come la frana «fosse prevedibile sin dal 2008» ed «evitabile fino a maggio 2019». Le misure messe in atto il giorno prima, però, quando si palesarono le prime avvisaglie di cedimento, furono idonee al fine di «non mettere in pericolo la pubblica incolumità».
Nel 2008 era stato commissionato uno studio all’Università di Genova che aveva evidenziato criticità. Ma già in precedenza sia gli studi geologici che gli esposti dei residenti avevano certificato la presenza di fessure e crepe.