Crollo Morandi, il pubblico ministero: “Ponte malato dal 1975”
Così Marco Airoldi nel corso della requisitoria del processo a carico di 57 imputati per il crollo del ponte dove morirono 43 persone tra cui tra cui Henry Diaz di Uscio

“Chi aveva in gestione il ponte Morandi era come “un medico che aveva il compito e il dovere di capire e fare dovuti accertamenti. Non poteva fermarsi al pre-giudizio, come un paziente, che ‘i ponti non crollano”.
Così Marco Airoldi nel corso della requisitoria del processo a carico di 57 imputati per il crollo del ponte dove morirono 43 persone tra cui tra cui Henry Diaz di Uscio
Così il pubblico ministero Marco Airoldi nel corso della requisitoria del processo a carico di 57 imputati per il crollo del ponte dove morirono 43 persone tra cui tra cui Henry Diaz di Uscio (nella foto).
Già nel 1975 l’ingegnere Zanetti lanciò i primi allarmi dicendo che “il ponte non stava bene. Che non era sano come un pesce”. E lo stesso ingegnere Morandi, nel 1981, “vide che l’opera, in meno di dieci anni, aveva già dei problemi. Scrive, nella sua relazione, che i segni di degradazione appaiono diffusi in tutta l’opera”. Il padre dell’opera non si limitò solo a indicare l’ammaloramento, ma “indicò una serie di azioni da fare. Disse di andare a controllare i cavi, di andare a fare i raggi X”. Dunque, ha sottolineato il pm, “il problema andava gestito, non abbandonato, accantonato. Il concetto di base trasmesso da Morandi e che doveva essere noto a chi si occupava del ponte era che bisognava controllare i cavi”. E, invece, a causa del “bias cognitivo, dell’illusione che ‘i ponti non crollano’, non si è fatto quasi nulla per quanto riguarda le attività di sorveglianza e manutenzione. Le difese dicono che quello del 14 agosto 2018 è stato un disastro imprevedibile ma le avvisaglie c’erano eccome e da anni”.