Emergenze, tempi più lunghi e "Croci" alla canna del gas

Fabio Mustorgi, presidente della "Bianca" di Rapallo e coordinatore delle Pubbliche Assistenze del Tigullio lancia l'allarme: «Non riusciamo più a garantire le squadre per le emergenze»

Emergenze, tempi più lunghi e "Croci" alla canna del gas
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Rimborsi congelati da anni e spese sempre più ingenti costringono le pubbliche assistenze a ritmi che mettono a rischio la qualità e la celerità dei soccorsi d'emergenza.

Il caso sollevato da Fabio Mustorgi

A lanciare l'allarme, sulle pagine del Secolo XIX di stamane, è Fabio Mustorgi, presidente della Croce Bianca Rapallese e coordinatore delle Pubbliche Assistenze del Tigullio. Il problema? Presto detto: le P.A. non hanno visto da almeno 7 anni aumentare di un solo centesimo i rimborsi che ricevono per i servizi sanitari, le uscite delle ambulanze, siano esse in regime di emergenza o trasporti programmati. Il risultato è che, per far quadrare i conti, sempre più spesso si trovano costrette ad accettare sempre più servizi programmati pur di fatturare qualcosa, anche a costo di scoprire il territorio in caso di emergenza: insomma, è diventato sempre più difficile permettersi il "lusso" di tenere una squadra ferma dedicata - e in attesa - delle sole eventuali emergenze.

Questo si traduce in tempi medi più lunghi per raggiungere chi necessita di soccorso: meno squadre pronte sul territorio significa che più spesso su un servizio d'emergenza dovrà intervenire una pubblica assistenza più lontana, e ormai dovremmo aver imparato tutti quanto pochi, pochissimi minuti di ritardo possano fare la differenza fra la vita e la morte. Ce lo hanno insegnato proprio le attività delle P.A. ed il loro aggiornamento al sistema di defibrillazione automatica esterna.

Ed anche qui casca l'asino: se da un lato nell'ultimo decennio le pubbliche assistenze si sono assai evolute, seguendo normative e controlli più ferrei, dotandosi di strumenti e professionalità sempre più eccellenti, dall'altro nessuno fa loro sconti ed, anzi, casi come quello della nuova interpretazione normativa di Autostrade che impone alle ambulanze di pagare il pedaggio (assurdità contro la quale in aula è in prima linea a combattere proprio la "Bianca" di Rapallo) mostrano come la situazione è sempre più difficile e la coperta sempre più corta. Mustorgi propone un illuminante esempio: «Abbiamo fatto un calcolo che mostra che, se noi della Croce Bianca fossimo una struttura formata di dipendenti pubblici, "costeremmo" 6 milioni di euro l'anno; ne riceviamo 400mila».

La situazione italiana è anomala, va detto: che il primo soccorso sul territorio sia quasi esclusivamente in mano al volontariato è caso più unico che raro in Europa ed in genere in Occidente. E se da un lato il Servizio Sanitario Nazionale italiano è uno di quelli che garantisce la più ampia virtuale gratuità della sanità al mondo, ciò avviene anche proprio perché settori importanti come quelli del primo soccorso non sono direttamente gestiti dallo Stato, che non se ne sobbarca l'onere (ben delineato dal calcolo di Mustorgi). Questo un tempo era un oggettivo problema, e non di rado le Pubbliche Assistenze potevano essere criticabili per mancanza di professionalità. Le cose, come succitato, sono cambiate, e del resto un territorio disomogeneo, demograficamente disperso in piccole comunità, come quello italiano non può strutturarsi molto diversamente, non si potrebbe pretendere - se non forse solo nelle principali grandi città - che il primo soccorso territoriale venga gestito direttamente ed integralmente da mezzi, da medici ed infermieri professionisti delle ASL. Ma allora, a maggior ragione, agli obblighi formativi per gli operatori delle pubbliche assistenze devono seguire anche finanziamenti e concreti supporti congrui a permettere la sopravvivenza del volontariato qualificato. Altrimenti, a rischio, è anche la sopravvivenza di ciascun cittadino.

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