l'inchiesta

Giro di prostituzione negli appartamenti di Rapallo e Lavagna: madre e figlio in arresto

Gli importi delle prestazioni compresi fra i 70 e i 100 euro: tra i clienti un lungo elenco di operai, professionisti, imprenditori

Giro di prostituzione negli appartamenti di Rapallo e Lavagna: madre e figlio in arresto
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Due provvedimenti cautelari personali in regime di arresti domiciliari con braccialetto elettronico, sono stati disposti dal Gip della Spezia a carico di una una donna di 51 anni e del figlio 33enne, entrambi originari del Brasile, domiciliati rispettivamente a Chiavari e Rapallo.

Le indagini

Dalle indagini intraprese sin dallo scorso gennaio, coordinate dal Procuratore della Repubblica della Spezia, sono emerse con chiarezza, nei loro confronti, ipotesi di reato di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione in concorso con altre due donne (una 77enne ed una 26enne), anch’esse appartenenti al medesimo gruppo familiare. Decisive le investigazioni dei carabinieri spezzini che hanno svelato un rilevante giro economico: basti pensare che sono stati stimati, negli ultimi otto anni, introiti illeciti per circa 600mila euro.

L’operazione, condotta dal Nucleo Investigativo, ha visto il coinvolgimento nella fase esecutiva, oltre che dell’intera compagine di quel reparto, anche di 20 militari delle compagnie della Spezia, Genova, Chiavari e Santa Margherita Ligure. Non si escludono ulteriori sviluppi investigativi.

Gli appartamenti

La 51enne, considerata la “mente” del gruppo criminale, in Italia da diversi anni e senza alcun lavoro, aveva escogitato un sistema, affinato nel tempo ed ormai collaudato, che consentiva di conseguire rilevanti profitti mediante la gestione di cinque diverse “case di prostituzione”. Il reperimento delle meretrici, che fossero donne e transessuali, perlopiù connazionali e sudamericane, avveniva mediante l’utilizzo di strumenti di messaggistica istantanea e/o attraverso canali social. Molto conosciuta nell’ambiente della prostituzione, la donna concedeva loro gli appartamenti nella sua disponibilità: ne gestiva Spezia e Genova, ma anche a Rapallo e Lavagna. Il tutto previo pagamento di un canone settimanale di gran lunga sproporzionato rispetto ai prezzi di mercato: di qui la contestazione anche del reato di sfruttamento della prostituzione. Le indagini sono state avviate in seguito alle segnalazioni di alcuni cittadini, che avevano notato un sospetto andirivieni di uomini, a tutte le ore del giorno, nella casa della Spezia. L’azione investigativa è stata poi sviluppata attraverso la continua analisi dei siti di annunci erotici ed il costante monitoraggio degli indagati mediante opportuni servizi di osservazione e pedinamento. Nel corso delle indagini i militari hanno accertato che la donna era aiutata, nella gestione complessiva delle illecite attività, dal figlio e dalle altre due parenti.

La disponibilità di un gran numero di appartamenti da parte degli indagati consentiva loro di soddisfare tutte le richieste ed essere quindi sempre in grado di procurare una stanza dove poter garantire lo svolgimento dell’attività di prostituzione. re degli immobili individuati sono risultati di proprietà di due indagate e si ritiene possano rappresentare il reinvestimento dei profitti illeciti dell’attività criminosa. Gli stessi sono stati sottoposti a sequestro preventivo disposto dall’Autorità giudiziaria spezzina. Altri due appartamenti sono risultati acquisiti in locazione, da ignari proprietari, proprio per destinarli a “case di prostituzione”. La clientela individuata è risultata appartenere ai più disparati strati sociali (operai, professionisti, imprenditori, ecc.). Alcuni dei clienti, ascoltati dai Carabinieri, hanno confermato di aver consumato rapporti sessuali a pagamento, corrispondendo importi compresi tra i 70 ed i 100 euro. Oltre all’utilizzo degli appartamenti, gli indagati sono risultati soliti offrire tutta una serie di servizi accessori, finalizzati a facilitare l’attività di prostituzione delle loro “clienti”: dagli spostamenti logistici, alla pubblicità sui siti internet, al servizio di pulizia delle stanze ed al cambio della biancheria. La riscossione per contanti del “canone” era affidata al giovane tratto in arresto. Molti dei pagamenti avvenivano anche mediante operazioni di “ricarica” su carte di credito appositamente attivate.

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