Il porto Carlo Riva all'ombra della camorra
Ipotesi di traffico illecito di rifiuti, ieri ascoltati dall'antimafia i portuali

Proseguono a ritmo serrato, come riferisce il Secolo XIX di oggi, le indagini in merito alle presunte infiltrazioni malavitose nelle operazioni di smaltimento dei relitti e detriti conseguenti la devastante mareggiata dell'ottobre 2018 che si è abbattuta, oltre che su tutto il litorale ligure, sul porto Carlo Riva di Rapallo. La palla infatti è passata ormai in toto alla Direzione distrettuale antimafia, che ieri ha ascoltato le testimonianze di svariati operatori portuali quali persone informate dei fatti, onde ricostruire quanto avvenuto nei mesi scorsi, mentre tornerà a sentire gli indagati nei prossimi giorni. L'ipotesi di reato è quella di traffico illecito organizzato di rifiuti, che ruota attorno ad un imprenditore campano, Pasquale Capuano, considerato vicino ai clan di Secondigliano, nei cui siti di stoccaggio in Toscana e poi in Campania sono andati a finire i relitti raccolti. Capuano è solo uno dei 10 indagati: fra essi anche l'AD della società concessionaria del porto e la direttrice dello stesso, oltre al responsabile della sicurezza.
E se la posizione della dirigenza del porto era stata di netto smarcamento alla prima emersione delle indagini, pronta addirittura a considerarsi parte lesa, il clima si fa sempre più teso, vista la concomitante indagine per l'ormeggio irregolare di imbarcazioni prima che la struttura fosse tornata a garantire i sufficienti standard di sicurezza. Una questione completamente diversa e separata, ma che ha portato all'ordinanza di chiusura del porto con tutto ciò che ne è conseguito, indebolendo ulteriormente la credibilità, almeno agli occhi dell'opinione pubblica, dei gestori. In tutto ciò, questo è un altro duro colpo per il porto rapallese e per la città tutta, forse ancora più duro di quello sferrato dalle onde di 9 mesi fa.