Rapallo

Immuni? Utile, se funzionasse davvero

La storia di Sara e i 15 giorni tra la notifica del rischio e la ritrovata libertà: "Così come è concepita non serve a niente"

Immuni? Utile, se funzionasse davvero
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"Pensavo fosse uno strumento utile, l’ho creduto sin dall’inizio, ma ora mi sono ricreduta e l’ho disinstallata".

Stiamo parlando di Immuni, l’applicazione telefonica varata dal Governo per agevolare il tracciamento dei contagi sul territorio.

Il calvario

Uno strumento fondamentale?

"Sì, se funzionasse davvero", esordisce Sara Canducci, una giovane rapallese chiusa in casa per due settimane a seguito di un’anomalia del sistema.

"Lavoro a Genova e mi muovo abitualmente in treno. Per questo ho installato Immuni appena è stata resa disponibile. Pensavo fosse uno strumento utile per preservare me e chi mi sta vicino, invece ha soltanto complicato la vita a me, ai miei genitori e ai miei amici che mi hanno dato una mano portandomi a casa la spesa ogni giorno".

Una vicenda iniziata il 15 ottobre quando Sara apre l’applicazione e si trova l’amara sorpresa: una schermata rossa che la avvisa del rilevamento di "un’esposizione a rischio con una persona Covid-19 positiva".

Secondo l’app, il contatto sarebbe avvenuto 5 giorni prima:

"Impossibile, mi sono detta. Quel giorno ero a casa di amici, in Piemonte. Non siamo praticamente mai usciti e le persone che erano con me non hanno Immuni sul loro cellulare. Impossibile dunque che la notifica fosse partita da uno di loro. Ho ripensato alla nostra unica uscita da casa in cui abbiamo incrociato solamente un piccolo gruppetto di persone dall’altro lato della strada".

Troppo distanti (e per troppo poco tempo) perché potessero essere ritenuti dei potenziali contatti.

"Ragionando con la mia dottoressa - che Sara ha prontamente contattato dopo la notifica - abbiamo compreso che il “contatto” in questione potesse essere avvenuto anche diversi giorni prima, ma che questa persona abbia segnalato la sua condizione soltanto il 10 ottobre, a seguito della positività del tampone".

Sì perché non esiste alcun automatismo. È il singolo utente che, una volta informato di aver contratto il virus, deve diligentemente comunicarlo all’app affinché possa essere ricostruita la sua catena di contatti.

"Evidentemente c’è qualcosa che non va come dovrebbe. Quanti contatti avrà avuto questa persona dal momento in cui ha contratto la malattia al momento in cui l’ha segnalata? E ancora, quanti contatti posso aver avuto io tra il giorno della notifica e il giorno in cui me ne sono resa effettivamente conto?".

Sì, perché quella che ci spiega Sara è un’altra grave lacuna del sistema:

"Non lo sapevo, ma ho scoperto a mie spese che non c’è alcun sistema di notifica automatica, nessuna icona o pallino rosso come siamo abituati a vedere sui social. Solo se apri fisicamente l’applicazione puoi accorgerti di eventuali comunicazioni. Chi di noi la apre tutti i giorni? Credo nessuno".

Così Sara si è barricata diligentemente in casa e a distanza di dieci giorni dal potenziale contatto ha potuto sottoporsi al test del tampone. Da lì altri 4 giorni in attesa dell’esito, fortunatamente negativo. E anche qui le peripezie non mancano: tra telefonate a vuoto alla Asl4 Chiavarese e comunicazioni incomplete o fuorvianti.

"C’è un’altra cosa che mi ha colpito negativamente. Quando ti arriva il messaggio, l’applicazione propone diverse opzioni: chiamare l’Asl di competenza, avvisare il medico di famiglia oppure... ignorare il messaggio. Ignorare? È assurdo, se le cose funzionassero bene, dovrebbe partire una segnalazione automatica alla Asl e tu dovresti ricevere in breve tempo una telefonata, altroché ignorare il messaggio. Ecco, questa è Immuni. Un’applicazione che avrebbe un potenziale e un’utilità enorme, ma che si è solo rivelata - almeno nel mio caso - un’autentica trappola. Tutto ora è finito per il meglio (e dalla scorsa settimana Sara ha riassaporato la libertà -ndr), ma dopo questa esperienza mi sono resa conto che non serve. L’ho disinstallata e di certo non incoraggio più i miei amici ad usarla".

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