L'entroterra piange la scomparsa di don Emilio Coari
Aveva 87 anni, il ricordo di chi l'ha conosciuto: "Era il don Gallo della Val d'Aveto"
Lutto nell'entroterra per la scomparsa di don Emilio Coari, 87 anni. Nato nel 1937 a Villanoce, apparteneva alla famiglia dei Zan, in valle é stato lo storico parroco della comunità di Vico, poi Magnasco, Priosa e tanti altri incarichi nelle varie parrocchie.
I funerali
I funerali, presieduti dal vescovo diocesano mons. Adriano Cevolotto, si terranno sabato 23 novembre alle 15 nella chiesa parrocchiale di Villanoce. Don Emilio giungerà venerdì 22 novembre alle 11.30 nella chiesa parrocchiale di Villanoce dove alle 20 sarà recitato al rosario.
Non vengono chiesti fiori, ma offerte per il restauro della chiesa di Magnasco.
"Era il don Gallo della Val d'Aveto"
Il prete è stato ricordato sulla pagina social di Magnasco, frazione di Rezzoaglio dove viveva:
"Tutti indistintamente ne hanno sempre ammirato la formidabile eloquenza. Aveva la capacità di usare le parole come i tasti di un pianoforte e ne usciva una melodia che ti coinvolgeva, ti faceva riflettere, ma soprattutto te la portavi a casa.
Ovviamente non era questa la sua unica qualità, ma le sue omelie resteranno davvero nel cuore e nella mente di chiunque abbia avuto la fortuna di ascoltarle. E se quasi tutti i sacerdoti sarebbe auspicabile che seguissero tassativamente il consiglio del Pontefice di contenere la lunghezza della predica, per Don Emilio si poteva derogare da questa raccomandazione.Ora faccio un accostamento che molti potrebbero considerare una forzatura. Ma vi assicuro che non lo é. Ecco se dovessi identificare don Emilio con una battuta lo definirei il don Gallo della Val d' Aveto.
E sono sicuro che lui non solo approverebbe, ma sarebbe felice di questo accostamento.
Certo don Gallo operava nell' angiporto genovese, mentre Don Emilio ha esercitato il suo ministero principalmente in valle per cui la loro condotta non poteva che essere subordinata a questa condizione ed erano anche molto diversi nel carattere e nel temperamento e certamente molte iniziative di don Gallo non le avrebbe condivise.Ma avevano anche parecchie cose in comune e ne voglio citare tre: una particolare sensibilità verso la fragilità sociale, una certa insofferenza verso le gerarchie e il potere, le idee politiche. Che don Emilio intelligentemente non ha mai ostentato, ma neppure nascosto per opportunismo.
E se interpreti in questo modo il tuo ruolo all' interno di un ambiente conservatore come quello ecclesiastico, o acquisisci una visibilità (anche mediatica) come quella del prete genovese oppure tutto questo finisce un po' per isolarti. E a Don Emilio é successo e lui ne era tristemente consapevole. Ma è sempre andato avanti con le sue convinzioni.
Certamente se perlomeno avesse accettato di mostrare una facciata ipocrita, se si fosse piegato al conformismo dilagante, avrebbe sicuramente avuto da parte dei suoi superiori, riconoscimenti e incarichi più rilevanti. Ma questo aspetto per lui non era importante. Era stato tuttavia insignito nel 2015 del titolo di canonico della concattedrale di Bobbio che lui con spirito di servizio ed obbedienza, aveva accettato con devota gratitudine.Personalmente ho avuto con lui un rapporto da dividere nettamente in due momenti.
Inizialmente ero stato vittima anch'io di chiacchiere da osteria e pregiudizi per cui prevaleva nei suoi confronti una certa diffidenza, che aveva finito per essere un muro tra di noi.
Poi, complice la reiterata condivisione dello stesso tavolo in trattoria, ci siamo finalmente conosciuti. Vincendo entrambi quel velo apparentemente impenetrabile fatto di riservatezza e timidezza, che solo un valligiano può comprendere.
É stato un incontro stimolante, con aneddoti e reciproche confidenze ( e se non é molto strano che un parrocchiano credente si confidi con il parroco, altrettanto non si può dire del contrario) e anche se non ci frequentavamo per un periodo piú o meno lungo quel clima di amicizia e direi talvolta di complicità era sempre vivo.Lui forse di me, apprezzava la capacità di ascoltare e di formulare domande pertinenti e io in lui ammiravo soprattutto il disarmante anticonformismo e l' empatica predisposizione a comprendere le debolezze e la fragilità umana. In lui la tensione etica non sfociava mai nel moralismo. E se questa é una qualità importante per tutti, per un prete lo é maggiormente.
Quando poi si spogliava completamente del suo ruolo sacerdotale e tornava ad essere semplicemente un valligiano qualunque, erano momenti di autentica condivisione degli argomenti piú disparati e spesso futili, che lui impreziosiva con pennellate di quello spirito goliardico che probabilmente gli derivava dalla lunga frequentazione con i suoi studenti dell' istituto genovese in cui aveva insegnato per tanti anni.
Caro Don Emilio spero che tu mi abbia riservato in vita almeno la metà della stima che io ho avuto per te. Anche quando le nostre idee non collimavano e capitava molte volte.
Ma questo paradossalmente ci avvicinava, anziché allontanarci.
Sei stato un grande e ti posso assicurare che la tua gente (anche quella che non frequenta la chiesa) lo aveva compreso e ti ha voluto bene.
E credo che per un prete essere apprezzato trasversalmente sia la gratificazione piú importante e la conferma di aver adempiuto al meglio la propria missione.
Ciao Don".