mercoledì santo

Messa Crismale, Devasini "striglia" i preti: "Alcuni partecipano raramente o mai alla vita diocesana"

"Non voglio puntare il dito: piuttosto mi domando cosa io, come vescovo, sto facendo per comprendere tale comportamento"

Messa Crismale, Devasini "striglia" i preti: "Alcuni partecipano raramente o mai alla vita diocesana"
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Messa Crismale, oggi mercoledì 27 marzo, nella chiesa cattedrale di Chiavari: si tratta della celebrazione in cui il vescovo, con tutto il presbiterio diocesano, consacra gli olei che saranno poi utilizzati per il Battesimo, la Cresima, l'Ordine e l'Unzione degli infermi.

Nella sua omelia il vescovo si è rivolto a quei preti "assenteisti", che raramente o mai partecipano alle celebrazioni di carattere diocesano: monsignor Devasini si è interrogato su questo atteggiamento, senza puntare il dito sui suoi preti: "Mi domando cosa io, come vescovo, sto facendo per comprendere le motivazioni di tale comportamento".

Riportiamo l'omelia integrale di monsignor Giampio Devasini

Cari presbiteri, diaconi, fratelli e sorelle,
questa è la Messa degli oli santi: l’olio dei catecumeni; l’olio del crisma per il battesimo, la confermazione, gli ordini e la dedicazione di una chiesa; l’olio degli infermi. L’olio è unico, ma triplice è la sua funzione salvifica: iniziare all’esistenza cristiana nella Chiesa (olio dei catecumeni); incorporare a Cristo consegnando una missione sacerdotale, profetica e regale (olio del crisma); portare soccorso nel tempo della malattia (olio degli infermi). L’unzione con questi oli infonde il vigore di Cristo che è la forza dello Spirito: è un’unzione spirituale. Permettetemi allora di soffermarmi brevemente su ciascuna delle tre funzioni dell’unico olio della misericordia.

L’olio dei catecumeni. La vita umana è una lotta ardua, è un’avventura attraversata da prove, è un duello tra la vita/l’amore e la morte/il non amore. Quest’olio è il volto combattivo della misericordia che ci è donata. La misericordia non è un colpo di spugna, non è un facile condono, non è una cosmesi del male, ma un balsamo per la lotta, per vivere la vita in modo agonistico, militante, combattivo. Il male può essere vinto solo smontando i meccanismi che lo generano, l’aggressività che lo alimenta, l’odio che acceca gli occhi e inquina l’esistenza. Non nascondiamo mai a noi stessi e non nascondiamo mai agli altri la verità del momento agonistico della vita, la fatica del mestiere di vivere ma, sostenuti dall’olio della misericordia, aiutiamoci reciprocamente nel combattimento contro il male «accovacciato davanti alla nostra porta» (Gn 4,7).

L’olio del crisma. Da notare: un unico olio per il battesimo, la confermazione e l’ordine. È l’olio che dice prima ciò che ci unisce di ciò che ci distingue. È l’olio che ci consacra tutti nella dignità e responsabilità della vita cristiana, è l’olio del sacerdozio universale dei fedeli. E, poi, viene usato anche per ordinare presbiteri e vescovi: esso non è diverso, non ci colloca, cari fratelli presbiteri, sopra i fedeli, ma ci “ordina” a servizio della loro vita cristiana. Quest’olio crismale fa la Chiesa: ma non costruisce una Chiesa di soli individui, perché il battesimo ci introduce nella comunità ecclesiale; non può fare una Chiesa particolarista, perché la confermazione ci introduce nella Diocesi; non ci consente di essere istituiti nell’ordine presbiterale ed episcopale per realizzare un nostro personale progetto, quale che esso sia. Anche il prete più geniale – non dico profetico perché sarebbe un abuso del termine – se non appartiene a un presbiterio e a una Chiesa locale potrà forse fare cose mirabolanti ma quando se ne sarà andato (prima o poi si parte) non rimarrà che la nostalgia dei suoi se-ducenti fuochi d’artificio ma non avrà scritto nella vita delle persone il volto di Cristo. Non si può essere preti da soli, non si può essere testimoni della misericordia in proprio. C’è qualche presbitero che non si vede mai o si vede poco, che non partecipa mai o assai raramente alla vita diocesana. Non voglio puntare il dito e comunque non riesco a puntare il dito: non fa parte del mio modo di essere. Piuttosto mi domando cosa io, come vescovo, sto facendo per comprendere le motivazioni di tale comportamento: e la verità è che faccio ancora troppo poco; devo lasciarmi convertire in questa come in altre dinamiche relazionali, lasciarmi convertire dal Signore e da voi. In ogni caso, ricordiamoci sempre bene quanto ha detto il grande Benedetto XVI in occasione della sua ultima udienza generale in piazza S. Pietro – «La Chiesa non è mia, non è nostra, ma è del Signore».

Cari fratelli presbiteri, essere prete ed esserlo da soli è una contraddizione in termini. Ne va della testimonianza della misericordia, che è il volto della comunione e della tenerezza.

Olio degli infermi. È l’olio della guarigione delle malattie che affliggono il corpo e l’anima, è l’olio che benedice nella sofferenza, risolleva, accompagna, accarezza. C’è una folla immensa che chiede di essere consolata, capita, amata; c’è una sofferenza pervasiva dell’anima che non trova ascolto, compassione, prossimità. Spesso questa gente cade in balia di falsi messia o guru o più modestamente ma non meno pericolosamente di persone che esercitano la fattucchieria; di movimenti che danno una risposta consolatoria (magari con strane Messe di guarigione) senza una vera speranza, perché plagiano le persone e creano dipendenze senza liberare gesti e cammini di prossimità e carità. L’olio degli infermi indica un compito di sempre per tutti i cristiani e per noi presbiteri in modo particolare: la visita agli ammalati, la vicinanza alle persone sole, l’ascolto delle malattie spirituali. Sono convinto che la riflessione in corso sul fine vita possa ricevere non poca luce da una serena analisi degli effetti prodotti dall’alleanza/intesa tra: malato – parenti o comunque persone che se ne prendono cura circondandolo di affetto – medici/cure palliative.

Cari fratelli presbiteri di questa bella Chiesa che è in Chiavari: grazie per il vostro impegno generoso, per l’entusiasmo che vedo ogni giorno nel vostro servizio al popolo di Dio. Grazie per ciò che siete e per ciò che fate. Nel chiedervi di essere ungitori perché unti, capaci di uscire da voi stessi e donarvi agli altri, vi chiedo però di mettere in questa categoria “altri” non solo la nostra gente ma anche il nostro presbiterio. Sì, impariamo ad ungerci a vicenda con l’olio della comprensione, del dialogo, del perdono. Superando individualismi e frantumando ogni barriera derivante da tanti pregiudizi, abbattendo i muri che separano i fratelli tra di loro. Impariamo come presbiterio a camminare insieme. Così che, insieme a noi, tutto il popolo di Dio, unto del crisma, possa essere per il nostro territorio un segno di comunione e uno strumento di liberazione da tutte quelle dinamiche che ci rubano la
speranza, da tutte quelle dinamiche che ci precludono la gioia: sì, liberi perché liberati per essere liberatori.

Cari fratelli e sorelle, questa sera fa da preludio ai giorni pasquali, ad un tempo benedetto che ci apprestiamo a vivere con l’intensità di chi desidera scoprire il segreto della pace, il sentiero della salvezza. Ne abbiamo bisogno sempre. Guai a sentirci arrivati, a credere di aver capito tutto, a cedere alla forza saccente delle abitudini. Che lo Spirito di Dio ci doni invece un cuore che cerca, entusiasta, inquieto, lontano dalle certezze granitiche degli addetti al mestiere, un cuore mendicante e appassionato, capace di cercare tra i riti di questi giorni, nelle pieghe delle pagine evangeliche che ascolteremo, nel mistero dei segni che cadenzeranno le nostre celebrazioni, la sorgente dell’Amore, la fonte dell’Acqua viva,lo sguardo del Crocifisso Risorto che ci solleva, ci rinfranca, ci libera, ci restituisce alla nostra umanità e al sogno di Dio! Che ognuno di noi viva questi giorni pasquali con l’attenzione del discepolo desideroso di imparare alla scuola del suo Maestro. Solo così potremo veramente imparare dal Signore come seguirlo in questo tempo faticoso e carico di sfide. Solo così potremo finalmente imparare qual è la nostra missione, a cosa siamo chiamati, cosa desidera il Signore dalla sua Chiesa! Amen.

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