Morte Repetto, le motivazioni della Corte d’Appello: “Visione inaccettabile”
Secondo la sorella Rita la sentenza è una “cieca negazione del contesto in cui è avvenuto”
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“Prendo atto delle motivazioni depositate dalla Corte d’Assise d’Appello di Milano – Sezione Prima. Anche per questi giudici, mia sorella avrebbe scelto di farsi operare senza anestesia. Scelto di non chiedere un esame istologico. Scelto di non curarsi dai dolori lancinanti che la tormentavano. E quindi, scelto di morire”. A parlare è Rita Repetto, sorella di Roberta, morta a 40 anni.
“Non da un melanoma (perché non sapeva di averlo) - continua la sorella- ma da dolori che cercava di gestire parlando con persone di cui si fidava.
Per la Corte, mia sorella si sarebbe suicidata. Circondata da persone che si sarebbero limitate a rispettare le sue decisioni.
Trovo questa visione inaccettabile, una cieca negazione del contesto in cui tutto è accaduto”.
"Andremo in Cassazione"
E aggiunge:
"Riprendo uno stralcio della sentenza, per me il piu doloroso e assurdo . In estrema sintesi,il fatto non sussiste perchè l' aver tolto il neo (senza istologico ne anestesia)non l 'ha ammazzata, ha tolto una diagnosi che comunque lei non avrebbe accettato.
La paziente non avrebbe diversamente agito'
Ma come possono affermare una cosa del genere? Come possono sapere cosa avrebbe fatto mia sorella di fronte a una diagnosi? La verità è che non lo sanno, e non avevano alcun diritto di presumere per lei. Sappiamo con certezza che negli ultimi nove giorni della sua vita era in ospedale, e che di fronte a dolori gravi si è fatta curare. Questo dimostra che non aveva rifiutato tutto, che voleva vivere, che aveva ancora fiducia nei medici. Dire che “tanto non si sarebbe curata” è una frase violenta, disumana, che cancella ogni sfumatura, ogni possibilità, ogni futuro che le è stato tolto. Mia sorella non voleva morire, e chi usa queste parole per giustificare l’ingiustificabile non sta facendo giustizia. Sta solo contribuendo a un’ulteriore ingiustizia, cancellando la sua volontà, la sua voce, la sua dignità. E io, quella voce, continuerò a farla sentire. Sempre. E comunque andremo in Cassazione".