Covid-19

Nessun funerale ai tempi del Covid-19

Come stanno affrontando l’emergenza le pompe funebri?

Nessun funerale ai tempi del Covid-19
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Niente funerali, ai tempi del coronavirus. Un rito di passaggio importante per salutare il proprio caro, che al momento non è possibile, sia che sia mancato per covid-19 o per cause naturali.

"Mai vista una situazione del genere"

Solo una veloce benedizione e la presenza di pochissimi parenti per l’ultimo saluto: l’assenza di funerale è uno dei grandi dolori che tanti stanno vivendo in questo momento. Il lavoro delle pompe funebri non si ferma, ma è cambiato radicalmente ed è senza dubbio più complesso di prima.

Solo una benedizione e pochi parenti

Il regolamento per l’ultimo saluto ad un defunto, in questo periodo, parla chiaro: non si possono fare assembramenti, solo una benedizione, o sul piazzale del cimitero o sul piazzale della chiesa, o quando si parte dall’abitazione. Pochi i parenti ammessi, di solito non più di cinque.

La tragica fine dei morti per Covid-19

"Se una persona muore di coronavirus, non è prevista la vestizione e la toilette - ricorda Carlo Oliveri, gestore delle Onoranze funebri Assereto di Sestri Levante -. Lo si avvolge in un lenzuolo disinfettato, poi in un sacco ermetico idrorepellente ed infine lo si chiude nella cassa. La normativa in questi casi non prevede neanche le classiche 24 ore di attesa per chiuderlo".

La cremazione è opzionale

Va poi chiarito un altro aspetto, che molti in questo periodo confondono: la cremazione è un’opzione, ma non un obbligo.

"In base alla volontà del defunto e della famiglia, si può scegliere, come al solito, se seppellirlo in terra, nel loculo, e cremarlo o meno".

Poca sicurezza

"Vorrei evidenziare che stiamo lavorando allo sbando» denuncia Oliveri. «Incontriamo tantissime persone, e a parte i deceduti negli ospedali, dove abbiamo la “sicurezza” che siano o morti o meno per il virus, per tutti gli altri resta un mistero. Non abbiamo mai la certezza che i famigliari che incontriamo siano positivi o meno. Per lo Stato siamo carne da macello. Nessuno ha speso una parola per la nostra categoria, ma la verità è che stiamo lavorando con grandi difficoltà: solo ora riusciamo ad avere accesso a qualche dispositivo di protezione (le tute, che devono essere idrorepellenti, le mascherine, gli occhiali e così via), ma queste settimane sono state allucinanti. Pensi che per poter lavorare, ho usato anche i sacchi della spazzatura per coprire le scarpe. Ci ha dato una mano la Federazione, ma per il resto nulla. Non vale il detto “Tanto siete pagati per fare questo lavoro”, perché non giustifica la mancanza di sicurezza".

"In oltre 30 anni mai visto una situazione così"

Oliveri svolge questo lavoro da più di trent’anni ed è rimasto impressionato da quanto sta avvenendo a Parma, Piacenza, Milano.

"Se nel Tigullio la situazione dei decessi, seppur tragica, è ancora sotto controllo, quando oggi sono andato a ritirare una salma a Parma sono rabbrividito: avrò visto almeno 60 sacchi chiusi in una sola stanza, e non è la prima volta che mi accade in questi giorni. Vengono poi smistati nelle città vicine, perché c’è la coda. Mi ha impressionato questo e vedere il modo in cui lavorano i miei colleghi di lì: non so se è azzardato definirli eroi, ma di sicuro stanno facendo il possibile in condizioni non sicure e con un carico emotivo importante".

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