«Non accetto ordini da una femmina»: militare condannato per insubordinazione

L'episodio a bordo della Nave Martellotta, di stanza a La Spezia: inutile la difesa del 34enne marinaio, la Cassazione conferma il carcere militare

«Non accetto ordini da una femmina»: militare condannato per insubordinazione
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È stato condannato malgrado il ricorso in cassazione il marinaio Alessandro S., di stanza a La Spezia, perché ha rifiutato di accettare ordini da una donna.

«Non mi faccio comandare da una femmina»: condannato a La Spezia per insubordinazione

«Ma guarda questa! Io non devo dar conto a nessuno. Io sono un maschio e ho girato il mondo, non mi faccio comandare da una femmina»: così avrebbe proferito «platealmente, a voce alta», rivolgendosi al proprio superiore - Florinda B., sottotenente di vascello e ufficiale in seconda - Alessandro S., marinaio 34enne a bordo della Nave Martellotta, di stanza alla Spezia. Qui il marinaio prestava servizio in cucina, e la plateale protesta era avvenuta in presenza anche di altri commilitoni, nel corso di un'assemblea generale, minando l'autorità della superiore.

L'episodio gli è valso una condanna per insubordinazione: il 34enne ha presentato ricorso in Cassazione, per questo come per altre due violazioni (disobbedienza, per essersi allontanato dalla base malgrado la non validità del permesso, e forzata consegna in seguito all'impossessamento di alcuni registri al corpo di guardia). Indubbiamente l'esplosione nei confronti del sottotenente, "reo" di «avergli ribadito l'obbligo di rispettare i doveri connessi al suo stato» è stata la violazione più altisonante seppure legalmente forse non la più grave, e la Cassazione ha confermato la condanna. 7 mesi di reclusione militare per i primi due capi di imputazione, 1 mese e 10 giorni (poco meno dunque dei 2 mesi inizialmente comminati) per l'insubordinazione.

Inutile dunque la difesa del cuoco militare, che ha tentato di giustificarsi spiegando di avere parlato «in uno stato emotivo acuito dalla convinzione di essere nel giusto». Oggetto del contendere, infatti, erano proprio le precedenti denunce a cui era stato richiamato e che trovava ingiustificate - ha dichiarato infatti di aver preso possesso dei registri per verificare presunte irregolarità - cosa che, discussa pubblicamente nell'assemblea generale lo avrebbe fatto sentire «denigrato, mortificato ed attaccato» ingiustamente. La sua, ha cercato di difendersi, sarebbe quindi stata una reazione emotiva che ha portato ad «una condotta inurbana ma non penalmente illecita», ed al sottotesto sessista il marinaio ha risposto di «non aver mai inteso dire, però, di non voler essere comandato da una donna». Ma le sue parole, finché l'italiano non è un'opinione, esprimevano l'opposto, e la Corte non ha avuto dubbi al riguardo.

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