Nuovo capitolo del processo in Corte d’Assise a Genova per l’omicidio di Nada Cella (nella foto) oggi, giovedì 6 novembre: l’udienza arriva dopo la lunga requisitoria della pm Gabriella Dotto, che la scorsa settimana aveva chiesto la condanna all’ergastolo per Anna Lucia Cecere, accusata del delitto della segretaria 24enne, massacrata il 6 maggio 1996 a Chiavari, nello studio del commercialista Marco Soracco, e la condanna a quattro anni per quest’ultimo, accusato di favoreggiamento.
Al processo oggi parlano le parti civili
Per quasi trent’anni la madre della povera Nada, Silvana Smaniotto, ha fatto fatica a dormire: ogni volta che chiudeva gli occhi, le appariva l’immagine della figlia e si immedesimava nel suo terrore, quel terrore che, ne è certa la mamma, la giovane deve aver provato negli istanti precedenti alla sua uccisione. A raccontare ciò in aula è Sabrina Franzone, avvocato della mamma di Nada.
La morte di sua figlia il 6 maggio 1996: è da quel giorno che Silvana Smaniotto sente di vivere una sorta di ergastolo, fino poi alla riapertura del caso, come ha sottolineato la sua legale.
Anche per quest’ultima la dinamica è chiara: Cecere tolse la vita a Nada in un impeto d’ira, in quanto gelosa del suo posto di lavoro nonché per raggiungere l’obiettivo di accasarsi con Soracco. Quest’ultimo, inoltre, continua a sostenere Franzone, ha coperto Cecere, per non rischiare di rovinare la sua reputazione dal punto di vista professionale. Un obiettivo da perseguire anche a costo di diffamare la povera vittima, Nada Cella, raccontando alle forze dell’ordine di essere venuto a conoscenza che la sua segretaria avesse avuto a che fare con un giro di droga e prostituzione.
Una campagna di diffamazione, per l’avvocato della famiglia Cella, ampliata per screditare anche potenziali testimoni.
Né Soracco né Cecere sottoposti all’esame a processo? Secondo Franzone perché non avevano possibilità di fornire una ricostruzione differente della vicenda rispetto a quella palesata dalla procura.