Polizia in piazza contro la violenza sulle donne
La campagna volta a sensibilizzare la popolazione e spiegare le numerose possibilità di aiuto per le vittime
Polizia di Stato in piazza a Rapallo per informare - e fare prevenzione - contro la violenza di genere.
Stop alla violenza sulle donne: «Non siete sole, noi siamo qui per salvarvi dagli aggressori»
Come riconoscere e fermare la violenza sulle donne? Quali sono gli strumenti a disposizione delle vittime? Denunciare gli aggressori è davvero efficacie? Sono state queste le domande più frequenti rivolte da centinaia di persone alla Polizia di Stato, impegnata giovedì mattina sul lungomare in una campagna di sensibilizzazione contro la violenza di genere. Una violenza che si dipana sotto molteplici forme, ugualmente subdole e riprovevoli: da quella economica, a quella psicologica per poi sfociare in violenza fisica o sessuale.
«Purtroppo il fenomeno esiste anche nella nostra città. E il paradosso è che la violenza di genere spesso non va ad alterare quella che è la percezione di sicurezza da parte della popolazione, perché si tratta di episodi per lo più confinati tra le mura domestiche - spiega il dirigente del commissariato di Rapallo, Giacomo Turturo - Si tratta però di reati gravi, che vanno affrontati e che affrontiamo sempre in maniera tempestiva, ottenendo insieme alla magistratura importanti misure cautelari». Sono meno di una decina all’anno gli episodi di maggior gravità che si verificano a Rapallo, cui sommare le molteplici liti in famiglia (per ragioni economiche o legate alla gestione e custodia dei figli) dove fortunatamente spesso basta il semplice intervento della pattuglia a sedare anche gli animi più turbolenti. «È un fenomeno che non si può misura coi numeri perché è grave in sé».
Tra i casi più recenti, quello che nei giorni scorsi ha interessato un italiano, sottoposto a divieto di dimora nel comune di Rapallo e al divieto di frequentare i luoghi abituali dell’ex compagna. Divieto che non ha rispettato e per il quale ora è stato sottoposto agli arresti domiciliari. «La mia raccomandazione è di non cadere mai nella perversa logica di giustificare l’aggressore. Troppo spesso sentiamo dire “ma in fondo mi vuole bene” o “me la sono andata a cercare”. Non è così. Bisogna bloccare sul nascere ogni forma di violenza, perché altrimenti si entra in un ciclo che è sempre in crescendo. Consiglio quindi di confidarsi con la famiglia o gli amici più stretti, quindi di rivolgersi a noi che possiamo intervenire e mettere fine alla spirale di violenza».
Eppure troppo spesso le vittime sono pervase dalla paura o dal pregiudizio che denunciare non serva a nulla. «Si, ce lo siamo sentite dire anche qui, ma non è vero - spiegano le ispettrici capo Sabrina Ciminelli e Sandra Giminiani, in forze all’anticrimine e alla squadra mobile di Genova - Dovete fidarvi di noi. La polizia si attiva sempre e per aiutare tutte le vittime vi sono a disposizione importanti strumenti come l’assistenza legale gratuita, i centri anti violenza e nei casi più gravi anche l’immediato allontanamento dell’aggressore dal domicilio, un nuovo strimento introdotto nel 2013 con la legge sul femminicidio, che permette di bloccare l’escalation violenta e mettere al sicuro chi l’ha subita». Presso i commissariati opera personale qualificato. Per lo più donne, perché sono proprio le donne a subire il maggior numero di reati di genere, siano essi contro la persona o di stampo persecutorio. «A volte, per chi è vittima di violenza, raccontare l’accaduto è difficile - aggiungono - perché è rivivere una dolorosa esperienza, come subirla una seconda volta. È difficile, ce ne rendiamo conto, ma è il solo modo per poterne finalmente uscire».
Di casi drammatici sono spesso piene le pagine dei quotidiani, ma questo non implica necessariamente un aumento degli episodi: «A nostro avviso aumentano le denunce». Forse è il segno che qualcosa sta cambiando nella cultura e mentalità di una popolazione che si spera possa smettere di voltarsi dall’altra parte. «Le persone rispondono e spesso ci ringraziano per queste iniziative. Parlarne è importante, anzi andrebbe fatto già coi più piccoli e lo faremo presto con un nuovo progetto rivolto agli adolescenti».