in tribunale a genova

Processo Nada Cella, l’ex fidanzato di Anna Lucia Cecere in aula: “Era gelosa e manipolatrice”

Il fratello dell'imputata invece: “Credo possa aver ucciso”.

Processo Nada Cella, l’ex fidanzato di Anna Lucia Cecere in aula: “Era gelosa e manipolatrice”
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“Era gelosa, possessiva. Dopo il 2021, quando fu di nuovo indagata, cercava di convincermi che la nostra relazione fosse durata più a lungo”. Così Adelmo Roda, ex fidanzato di Anna Lucia Cecere (nella foto), ha testimoniato oggi, martedì 15 aprile, in aula nel processo per l’omicidio di Nada Cella, la segretaria uccisa brutalmente nel 1996 nello studio di via Marsala a Chiavari.

L'ex fidanzato della Cecere

Roda ha ricostruito il legame con Cecere, iniziato nella seconda metà degli anni ’90. Una storia fatta di serate al Dolcevita, ma anche di litigi sempre più frequenti.

“Era un carattere difficile, non accettava contraddittorio. Una volta mi cacciò di casa e scrisse insulti contro di me sui muri”.

La rottura definitiva arrivò dopo la scoperta, da parte della madre di Roda, che la donna aveva un figlio avuto da una precedente relazione.

“Non ero innamorato, ma le volevo bene – ha spiegato –. Fu difficile lasciarla, ma mia madre si oppose e io scelsi la mia famiglia”.

Nel 2021, con la riapertura delle indagini e la nuova iscrizione di Cecere nel registro degli indagati, la donna tornò a cercarlo.

“Mi chiamava, mi mandava messaggi. Cercava di convincermi che la nostra relazione fosse durata fino al ’96, per far sembrare che in quel periodo fosse legata a me e non interessata a Marco Soracco, il datore di lavoro di Nada. Quando l’ho messa alle strette, ha interrotto ogni rapporto”.

Maurizio, fratello minore dell'imputata

A fornire un altro tassello alla complessa vicenda è stato il fratello minore di Anna Lucia, Maurizio Cecere, anche lui ascoltato oggi come testimone. Ha ricordato la difficile infanzia vissuta insieme: cinque fratelli, un padre violento e alcolizzato, che arrivò a incendiare la casa con i figli dentro.

“Anna Lucia era la più grande, si occupava di me – ha detto –. Ma era irascibile, non tollerava di essere contraddetta. Io oggi non ho più rapporti con lei”.

Poi, parlando con i cronisti fuori dall’aula, ha aggiunto:

“Penso che possa aver ucciso. Ma è solo una mia sensazione”.

 

Quei bottoni al centro del processo

L’udienza si è aperta con l’intervento di Stefano Cannara, esperto in materiali tessili e accessori, che ha confermato la compatibilità tra il bottone ritrovato sulla scena del delitto e quelli sequestrati a Cecere nel 1996. Per la Procura, si tratta di un elemento chiave per sostenere la tesi della colpevolezza.

Un dettaglio apparentemente insignificante è poi oggi al centro del processo: alcuni bottoni. Secondo l’accusa, uno dei bottoni ritrovati sotto il corpo di Nada Cella sarebbe compatibile con quelli di una giacca appartenuta a Roda, a cui Cecere li avrebbe staccati.

“Lo fece nell’estate del ’95 – ha raccontato l’uomo –. Diceva che le piacevano. Ma ormai la nostra relazione era già finita”.

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