Ripartenza e screening, la Salvatore all'attacco: «della campagna di test sierologici nemmeno l'ombra»
La consigliera regionale ex M5S lamenta le promesse non mantenute: «E le imprese sono state costrette a pagarli di tasca propria per poter riprendere a lavorare»

Alice Salvatore, consigliera regionale recentemente fuoriuscita - sbattendo la porta - dal Movimento 5 Stelle con cui era stata eletta ed ora, in vista delle prossime regionali, leader della neonata formazione denominata "Il Buonsenso", bacchetta la gestione regionale dell'emergenza coronavirus, in particolare nell'ambito della ripartenza senza ombra di quelle campagne di screening sierologici di massa a suo tempo auspicati ed annunciati.
Ripartenza e screening, la Salvatore all'attacco: «della campagna di test sierologici nemmeno l'ombra»
«La Regione Liguria ha riaperto, siamo ben oltre la fase 2. Ancora in fase di emergenza il Governatore aveva annunciato grandi screening per tutti i liguri. Il test sierologico era la soluzione. Matteo Bassetti, primario del reparto di malattie infettive del San Martino di Genova, aveva richiesto, per superare il lockdown, uno screening della popolazione da eseguire attraverso i test sierologici: un passaggio basilare per favorire la ripartenza del territorio ligure. Dovevano essere fatti test sierologici a tappeto e banchetti in tutte le città, con personale sanitario pronto a testare le persone»: questi gli antefatti, citati dalla Salvatore, ma i risultati non sono stati quelli sperati: «Come spesso accade, ma in questo caso il tempo è stato brevissimo, si può vedere dalle promesse ai fatti cosa viene effettivamente portato avanti dalla Regione. Ovvero niente», chiosa la consigliera.
«Niente è stato fatto in tal senso - continua -. Nessun banchetto di controllo è stato organizzato. Si è spinto in modo quasi patologico per la riapertura ma gli stessi inviti degli esperti e consulenti della Regione non sono stati ascoltati. La mancata promessa di controlli sierologici e tamponi sulla popolazione pesa molto in questa fase della ripresa: il settore alberghiero viene visto come insicuro, i lavoratori rischiano di trovarsi a contatto con il virus in un momento in cui non ci si possono permettere a livello sociale ed economico nuovi contagi».
Per la Salvatore il problema si riflette appunto sulle tasche delle imprese, poiché gli screening si rivelano comunque una necessità a cui non possono sottrarsi, ma sono costrette a pagarseli di tasca propria: «Le aziende sono il comparto più colpito da questa mancanza della maggioranza in Regione: per riaprire e riprendere le attività sono state obbligate a salvaguardare lo stato di salute dei loro dipendenti spendendo soldi di tasca propria per eseguire i tamponi. La Regione non ha fornito loro niente, obbligandoli a spendere denaro in un momento in cui diverse realtà erano sull’orlo del fallimento e comunque prive di entrate da oltre due mesi. Persino molti operatori sanitari hanno dovuto pagare per farse un tampone».
«Perché la maggioranza non ha organizzato uno screening gratuito?», si domanda la consigliera. «Al momento della ripartenza quindi la Liguria si è trovata ad affrontare la seguente situazione: sempre meno tamponi e test sierologici a pagamento, ovvero un mancato screening nonostante maggiori controlli prima della riapertura fossero stati richiesti dal primario del reparto di malattie infettive del San Martino di Genova. Le aziende messe in crisi dalla chiusura sono state costrette a pagare di tasca propria i test. La politica degli annunci prima o poi arriva a confrontarsi con la realtà: il nulla di fatto - conclude Alice Salvatore - Come si dice: tutti i nodi vengono al pettine».