SANITA'

Trapianti, la tecnica innovativa che conserva il fegato a 37 gradi

Il chirurgo lavagnese Davide Ghinolfi alla guida del progetto “Liver Transplant Hub”

Trapianti, la tecnica innovativa che conserva il fegato a 37 gradi
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È lavagnese, il responsabile del progetto “Liver Transplant Hub” che dà una concreta speranza in più nel mondo dei trapianti: si tratta infatti del chirurgo Davide Ghinolfi.

Oltre quattro anni di lavoro per arrivare a questo progetto, e non finisce qui

"Arrivare a compiere questo primo passo - ha dichiarato Ghinolfi, responsabile del progetto “Liver Transplant Hub” - ha richiesto oltre 4 anni di sforzi, durante i quali abbiamo appreso i meccanismi fondamentali della riperfusione normotermica degli organi, assemblato una macchina da perfusione efficace e quindi integrato le altissime competenze tecnico-scientifiche dei vari istituti coinvolti. Nonostante lo studio sia ancora in fase pre-clinica, l’obiettivo dei prossimi anni sarà di arrivare a una sperimentazione clinica che consenta di utilizzare le potenzialità delle nanotecnologie per migliorare la qualità degli organi da trapiantare".

L’innovativa procedura di conservazione del fegato umano

Ma parliamo dell’innovativa procedura di conservazione di un fegato umano: come spiega bene il CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), questa tecnica consente al fegato di restare perfettamente vitale a 37°C fuori dal corpo e, una volta sottoposto a un trattamento antiossidante con nanoparticelle, è in grado di restare in ottime condizioni fisiologiche più a lungo di quanto accada con le attuali procedure. Questa sapiente combinazione di perfusione d’organo ex-situ e nanotecnologie apre nuovi scenari, in quanto con l’aiuto delle nanoparticelle - macromolecole di natura organica o inorganica delle dimensioni dell’ordine di un miliardesimo di metro utili per la somministrazione di farmaci o materiale genetico, nelle cellule bersaglio - si potrà aumentare il numero e la qualità degli organi disponibili per i trapianti. Questo studio innovativo, ancora in fase pre-clinica, si colloca nell’ambito del progetto “Liver Transplant Hub”, finanziato dalla Regione Toscana attraverso l’Ott-Organizzazione toscana trapianti (diretta dal dottor Adriano Peris), finalizzato a studiare le potenzialità della perfusione normotermica del fegato.

Un lavoro di squadra Come ha sottolineato Ghinolfi, per arrivare a questo lavoro è stato fondamentale il lavoro di squadra. L’innovativa procedura è stata realizzata da un’equipe composta dai chirurghi, oltre che Ghinolfi, Erion Rreka, Daniele Pezzati e Fabio Melandro dell’Unità operativa di Chirurgia epatica e del trapianto di fegato dell’Aoup (diretta dal professor Paolo De Simone), dalle dottoresse Serena Del Turco e Giuseppina Basta dell’Istituto di fisiologia clinica (Ifc) del Cnr di Pisa, dal professor Gianni Ciofani e dal dottor Christos Tapeinos dello Smart Bio-Interfaces Lab dell’Istituto italiano di tecnologia (Iit) a Pontedera e dalla dottoressa Valentina Cappello del Center for nanotechnology innovation di Iit a Pisa.

"La possibilità di utilizzare nanoparticelle - ha commentato Serena Del Turco - funzionalizzate in modo da contrastare il danno ossidativo dell’organo prelevato, nell’ambiente chiuso e strettamente controllato della macchina da perfusione, ci permetterà di valutarne l’efficacia sul ricondizionamento dell’organo in assenza di fattori di confondimento".

Questa prima esperienza è stata resa possibile anche grazie alla collaborazione di diversi professionisti tra i quali i perfusionisti dell’Aoup, la professoressa Laura Crocetti e la dottoressa Rosa Cervelli (Unità operativa di Radiologia interventistica, diretta dal dottor Roberto Cioni), il dottor Alessandro Mazzoni (direttore dell’Unità operativa di Medicina trasfusionale e biologia dei trapianti) e il professor Giandomenico Biancofiore (direttore dell’Unità operativa di Anestesia e rianimazione dei trapianti).

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