Valutazioni dei malati? Da rivedere i criteri: «Indennità rifiutata»

Alessandro Botti chiede un aiuto concreto per il padre malato di demenza e non autosufficiente: «Attendiamo fiduciosi». L’uomo, malato a sua volta, non chiede soldi ma permessi e un’aspettativa

Valutazioni dei malati? Da rivedere i criteri: «Indennità rifiutata»
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«Il mio caso è solo la punta di un iceberg: in realtà, parlando con persone con una situazione simile alla mia, ce ne sono tantissimi simili nel nostro territorio. Quello che chiedo alle commissioni che valutano le invalidità ai malati, è di fare verifiche accurate e nel tempo, perché la malattia cambia. Perché vengono concesse indennità di accompagnamento solo ad alcune persone e ad altre ancora più gravi no?». A parlare era la settimana scorsa Alessandro Botti, dipendente pubblico nel Comune di Chiavari, affetto da una grave cardiopatia, con un padre malato di demenza.

Si è rivolto anche alla Regione

L’uomo si è rivolto anche all’assessore regionale alla sanità Sonia Viale che a sua volta gli ha fatto sapere di aver inoltrato le sue richieste agli uffici competenti. Nell’attesa di sapere come andrà a finire, Botti espone la sua situazione: «La mia non vuole essere una lamentela, ma un modo per sensibilizzare sulla questione delle valutazioni Alzheimer e non solo», ci tiene a precisare.

«Non chiedo né soldi né casa, ma permessi per seguire mio padre»

«Fortunatamente ho un lavoro e una casa dove vivere, mia madre anziana anche lei con i suoi acciacchi dell’età - racconta -. Non chiedo né soldi né una casa, ma tre giorni di permesso al mese per seguire un famigliare e 24 mesi di aspettativa, come la legge prevede, basta vedere casi simili al nostro. Eppure la commissione che ha visto mio padre due anni fa (la diagnosi di “declino cognitivo portato da demenza vascolare” invece 4 anni fa) ha considerato, in parole semplici, “moderata” la demenza di mio padre, che purtroppo non è per nulla autosufficiente, e questo non ci ha permesso di avere diritto a quanto richiesto. Non riusciamo a capire perché non possa avere diritto a quanto richiesto».

L’indennità di accompagnamento spetta anche se l’inabile è in grado di deambulare da solo

Botti, fogli alla mano, riporta casi simili al suo verificatisi in Italia. «Di recente la Cassazione ha evidenziato che l’indennità di accompagnamento spetta anche se l’inabile è in grado di deambulare da solo: per l’ottenimento della prestazione assistenziale dell’Inps, è sufficiente che l’interessato non riesca a compiere gli atti quotidiani della vita, e questo vale sia a causa di infermità fisico che psichico. E’ quindi una prestazione peculiare in cui l’intervento assistenziale non è indirizzato al sostentamento dei soggetti minorati nelle loro capacità di lavoro, ma è rivolto soprattutto a sostenere il nucleo famigliare per incoraggiare a farsi carico dei soggetti, evitando così il ricovero in istituti di cura e assistenza, diminuendo così la relativa spesa sociale».

Neurologi necessari nelle commissioni Asl per le valutazioni dei malati

La richiesta di Botti, «per il mio caso, ma anche per tanti altri» è poi quella di inserire nelle commissioni Asl «figure specifiche di neurologi per casi di Alzheimer e similari: come non si può non concedere pieno aiuto a persone che non sono in grado di badare a se stesse? Senza contare che noi famigliari non chiediamo soldi per vacanze o fare chissà cosa, ma tempo per badare a chi vogliamo bene. Non ci siamo rivolti ancora agli avvocati e speriamo di non perdere soldi e tempo in cause».

A seguito di questo articolo, la Asl ha inviato una propria replica, in cui difende i propri criteri di valutazione.

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ilaria topasso

Permessi lavorativi si riferiscono concessione benefici legge 104, non sono necessariamente legati a concessione idennita' accompagnamento

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