Chiavari, al via la VI Edizione del Dionisio Festival
Grandi nomi per grandi serate: Chiavari ospita Giobbe Covatta, Paolo Nani, Ascanio Celestini, Giorgio Colangeli, Roberta Bruzzone e Fabrizio Casalino

La città di Chiavari è pronta a riabbracciare il grande teatro con l'attesissimo ritorno del Dionisio Festival, la rassegna teatrale made in Chiavari che, edizione dopo edizione, ha saputo conquistare il cuore del pubblico e il plauso della critica. Giunto alla sua sesta edizione, il festival si conferma un appuntamento irrinunciabile dell'estate ligure, proponendo un cartellone incredibile, capace di soddisfare tutti i gusti e le sensibilità.
Gli appuntamenti
Fin dalla sua nascita nel 2019, il Dionisio Festival, organizzato dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Chiavari, con la direzione artistica dell'attore Davide Paganini, si è distinto per la qualità delle proposte e per la scelta di portare il teatro in una cornice suggestiva come Piazza Nostra Signora dell'Orto. Un connubio vincente che ha permesso di accogliere oltre 30.000 spettatori nelle scorse edizioni e di aggiudicarsi il prestigioso Premio Festivalmare nel 2019, un riconoscimento che ne ha sancito l'importanza nel panorama culturale nazionale.
"Il Dionisio Festival è un progetto in cui abbiamo sempre creduto e che negli anni ha ottenuto un successo crescente - afferma Silvia Stanig, assessore alla Cultura del Comune di Chiavari - Siamo fieri di offrire un'estate all'insegna dell’arte e dell'intrattenimento, con spettacoli di alto profilo capaci di animare le serate chiavaresi e di promuovere la condivisione e la crescita intellettuale."
Il direttore artistico Davide Paganini sottolinea la varietà e l'originalità del programma
"Chiavari vi aspetta per un'estate di emozioni, risate e riflessioni, sotto il segno del grande teatro. Quest'anno abbiamo voluto superare noi stessi, proponendo un cartellone importante, che abbraccia diverse forme e linguaggi dell'arte, dal comico al più riflessivo, per sorprendere, coinvolgere e divertire il pubblico. Ogni data è pensata per lasciare nello spettatore un'esperienza unica e significativa”.
Il ricco calendario della VI edizione si aprirà il 14 Luglio, alle ore 21:30, in Piazza Nostra Signora dell'Orto con l'irresistibile comicità di Giobbe Covatta e il suo spettacolo "70 Riassunto delle puntate precedenti". Un'occasione per festeggiare i suoi 70 anni di vita e 40 anni di carriera con una "abbuffata" dei suoi pezzi storici e meno storici.
A seguire, il 22 Luglio, sarà la volta di Paolo Nani con "La Lettera", uno spettacolo che ha riscosso un successo clamoroso in tutto il mondo, riproponendo la stessa storia in maniere sempre diverse, dal western all'horror, con una maestria che trascende le parole.
Il 27 Luglio il palco di Chiavari accoglierà Giorgio Colangeli con "E quindi uscimmo a riveder le stelle", un viaggio poetico e profondo che promette di toccare le corde più intime dell'animo.
Il mese di agosto si aprirà il 2 Agosto con Roberta Bruzzone e le sue "Favole da incubo", un format che unisce analisi e intrattenimento, offrendo uno sguardo acuto sulle dinamiche umane. Il 6 Agosto Ascanio Celestini porterà in scena "Poveri cristi", un'opera che, con la sua inconfondibile narrazione, invita alla riflessione e alla scoperta di mondi interiori.
A chiudere questa straordinaria edizione sarà, il 10 Agosto, Fabrizio Casalino con "Fin qui tutto bene", garantendo risate e momenti di leggerezza con la sua comicità sagace e intelligente.
Tutti gli spettacoli sono ad ingresso gratuito, a conferma della volontà del Festival di essere un evento accessibile a tutti, promuovendo la cultura come bene comune. In caso di maltempo, gli eventi si terranno presso l'Auditorium San Francesco.
Il Dionisio Festival, sotto la direzione artistica di Davide Paganini, si è affermato negli anni come un punto di riferimento per il teatro in Liguria e non solo, portando sul palco grandi nomi del panorama artistico italiano come Fabio Troiano, Vladimir Luxuria, Maria Amelia Monti, Daniele Pecci, Leo Bassi, Stefano Massini, Ugo Dighero, Donatella Finocchiaro, Filippo Nigro, Francesco Baccini, Paola Minaccioni ed Enrico Lo Verso, solo per citarne alcuni delle edizioni passate, dimostrando una costante attenzione alla qualità e alla diversità delle proposte.
Confermata, anche quest’anno, la media partnership con il Secolo XIX. Per maggiori informazioni e per consultare il programma completo degli spettacoli, è possibile visitare il sito www.chiavariturismo.it oppure www.dionisiofestival.it
14 Luglio 2025 - Giobbe Covatta in "70 Riassunto delle puntate precedenti"
Alla soglia dei 70 anni di vita e 40 anni di carriera, Giobbe Covatta festeggia con una “abbuffata” dei suoi pezzi storici e meno storici. Il menu dello spettacolo prevede una degustazione di prodotti tipici del comico napoletano: religione, ambiente, ecologia, donne, terzo mondo, vecchiaia, il tutto è condito con un’abbondante dose di ironia e cotto a fuoco vivo in un crogiolo forgiato nel Sud Italia tenendo conto dell’intero Sud del mondo. Gli ingredienti dello spettacolo sono tutti freschi perché incredibilmente non hanno nessuna scadenza tanto da sembrare addirittura futuribili. Lo spettacolo narra il percorso fatto dallo “cheff” per arrivare all’uso sapiente delle sue ricette e all’amore per le tematiche sociali affrontate sempre con la leggerezza di un’intelligente comicità, tratto distintivo dell’intera produzione artistica dell’artista.
22 Luglio 2025 - Paolo Nani in"La Lettera”
ideato da NULLO FACCHINI e PAOLO NANI, regia di NULLO FACCHINI
Dal 1992 questo spettacolo è in perenne rappresentazione ai quattro angoli del mondo, l’hanno visto in Groenlandia e in Giappone, in Argentina e in Spagna, in Norvegia e in Italia, oltre 1800 repliche per questo piccolo, perfetto meccanismo che continua a stupire, anche dopo averlo visto decine di volte, per la sua capacità di tenere avvinto il pubblico alle sorprendenti trasformazioni di un formidabile artista. Paolo Nani, solo sul palco con un tavolo e una valigia di oggetti, riesce a dar vita a 15 micro storie, tutte contenenti la medesima trama ma interpretate ogni volta da una persona diversa; nell’arco di 80 minuti non lascia un attimo di respiro, inchioda lo spettatore, lo seduce con una raffica di sorprese dal ritmo sfrenato e bislacco e lo fa in un modo unico, alla Paolo Nani. Imitarlo è impossibile. Perché non si smette mai di ridere per tutta la durata dello spettacolo? Vien fatto di chiedersi. La risposta sta nella incredibile precisione, dedizione, studio e serietà di un artista che è considerato a livello internazionale uno dei maestri indiscussi del teatro fisico.
27 Luglio 2025 - Giorgio Colangeli in"E quindi uscimmo a riveder le stelle"
con Tommaso Cuneo (musica dal vivo)
Il David di Donatello Giorgio Colangeli in scena, accompagnato dalle note di Tommaso Cuneo alla chitarra, ci porta nel mondo dantesco con lo spettacolo “E quindi uscimmo a rivedere le stelle”. Dopo il successo al Teatro Argentina di Roma, l’attore porta sul palco, recitandoli rigorosamente a memoria, i canti della Divina Commedia. Un lavoro che prevede l’abbattimento della quarta parete e l’ interazione con il pubblico in sala che può scegliere quale dei canti ascoltare. Giorgio Colangeli si avventura in un corpo a corpo con il testo dantesco nella sua integrità, rendendolo per noi suono, oralità, flusso cui abbandonarsi, rivivendone e riscoprendone il detto in un rituale collettivo, poetico e teatrale.
2 Agosto 2025 - Roberta Bruzzone in "Favole da incubo”.
VIAGGIO NELLA MANIPOLAZIONE AFFETTIVA MORTALE
La criminologa da sempre in prima linea contro la violenza sulle donne racconterà i casi di cronaca nera tra i più sconvolgenti degli ultimi anni. Un'analisi lucida e necessaria degli stereotipi di genere che hanno provocato queste tragedie annunciate, per sconfiggerli una volta per tutte.
I maschi sono intelligenti, le femmine sono utili. I maschi sono "progettati" per comandare, le femmine per accudire. Gli uomini devono provvedere economicamente alla famiglia e realizzarsi nel lavoro, le donne devono stare a casa. Questi sono solo alcuni degli stereotipi di genere più comuni che ancora permeano la nostra cultura. Pensate che siano in gran parte retaggi di un passato ormai superato? No non è affatto così. Gli stereotipi di genere sono tra noi, ogni giorno. E no, non sono affatto "innocui", come molti sembrano considerarli. Attraverso la ricostruzione di alcuni casi di femminicidio tra i più sconvolgenti degli ultimi anni, Roberta Bruzzone, la cui narrazione é accompagnata da musica dal vivo, analizza i principali preconcetti culturali e sociali che hanno operato in queste vicende inconcepibili, eppure reali. Stereotipi, pregiudizi e tabù a cui hanno obbedito un po' tutti: le vittime, gli assassini, l'opinione pubblica e perfino i media che ne hanno parlato. Il quadro che ne emerge non è consolatorio: le idee sessiste sono ancora molto radicate, in ognuno di noi, senza distinzioni di condizione economica e culturale. Lungi dal voler giudicare, ma con lucidità e senza fare sconti a nessuno, Favole da incubo intende aiutarci a prendere coscienza di quelle voci che parlano dentro di noi, spingendoci ancora, nostro malgrado, a fare distinzioni di genere nella vita di ogni giorno. Perché la presa di coscienza è il primo, necessario passo per cominciare a scardinare questi schemi mentali e fare in modo che crimini tanto orribili non trovino più un terreno in cui mettere radici, crescere e riprodursi.
Intervenire in tempo per fermare l'escalation è possibile, e soprattutto è possibile innescare quel profondo cambiamento culturale che può mettere fine una volta per tutte alla violenza sulle donne.
6 Agosto 2025 - Ascanio Celestini in “POVERI CRISTI”
con Gianluca Casadei alla fisarmonica, produzione Fabbrica, Teatro Carcano
“Chi sono i poveri cristi? Sono l’ultimo della classe quando ci stavano le classi differenziali per i poveri; la pecora nera nel manicomio che risolveva il problema per quelli che stavano fuori, ma non per quelli che stavano dentro; quello che sta inchiodato a qualche malattia senza colpa, ma anche senza futuro, eccetera. E se dico ‘eccetera’ ho detto tutto. Ho detto tutti. L’idea di questo progetto è quella di trovare le parole per raccontare questi poveri cristi che non hanno una lingua per raccontarsi che non sia quella della pietà. E invece il narratore di questo spettacolo li racconta come santi perché ogni giorno fanno il miracolo di restare al mondo. Di essere i migliori del circondario. Ci sono tanti modi per raccontare questa classe sociale, ma la più rispettosa, per me, è quella che usa le loro parole. Così, in questi ultimi 10 anni, sono andato ad intervistare (intervista significa ‘incrocio di sguardi’) i facchini eritrei che movimentano i pacchi nei magazzini della logistica sulla Tiburtina a Roma, il becchino del cimitero di Lampedusa, la donna che mostra la foto del ragazzo affogato nel naufragio del 3 ottobre 2013, ecc. Poi riascolto tutte queste voci e comincio a raccontarle. Quando mi sembra che ci riesco, le vado a raccontare al musicista Gianluca Casadei, e lui inizia a scrivere la musica sul mio racconto. Tra noi usiamo la tecnica dell’interplay. Nei testi sul jazz è indicata come ‘capacità di interagire all’istante, anche e soprattutto durante le parti improvvisate, tra i diversi musicisti, pronti a ascoltare e reagire cogliendo i suggerimenti impliciti nel suono degli altri membri del gruppo’. Da questo nostro lavoro, di ascolto e interazione tra musica e racconti, nasce lo spettacolo. E questa tecnica di interazione si ripete sempre, ogni sera, in ogni replica col pubblico, come un’improvvisazione su uno standard jazz. Ma c’è un motivo per il quale racconto, le mie storie. Me lo ha detto Sisto Quaranta, rastrellato il 17 aprile del ’44 al Quadraro. Quando gli ho chiesto ’Perché non avete mai raccontato la vostra storia?’ lui mi ha risposto ’io l’ho sempre raccontata, ma tra noi non c’erano gli scrittori, i registi del cinema’. Cioè non è vero che la Storia la scrivono i vincitori. La Storia la scrive chi la sa raccontare. Perciò è compito nostro, di noi scrittori, di noi autori, scrivere la storia di tutti. Soprattutto di quelli che non la sanno scrivere come Sisto che non era poeta, ma era un bravo elettricista. Qui per me c’è la vera contaminazione culturale, quella tra lo scrittore e l’elettricista, tra l’autore e i facchini eritrei, tra il musicista e il becchino del cimitero di Lampedusa. Quando penso allo spettacolo non penso al ‘ubblico’. Il ‘pubblico’ è già una comunità. Io penso allo ‘spettatore’. Cioè a quello che arriva da solo. Il mio spettatore non è il letterato colto che ha letto la Recherche di Proust e cita Pasolini perché il padre è stato menato nel marzo del ’68. Il mio spettatore si è fatto una doccia veloce e ha parcheggiato in seconda fila per vedere il mio spettacolo in uno spazio raffazzonato in periferia. Magari è autunno e mi porta le castagne che ha raccolto tra i boschi dei Castelli Romani o mi dice che lo zio esodato dell’Autovox è morto depresso in una RSA o perché non gli hanno cambiato il catetere e c’ha avuto le vie urinarie in setticemia. E magari mi porta un disco che ha registrato con la parrocchia dove canta un’ave Maria stonata, ma bella. E allora cosa mi aspetto di comunicare al pubblico? Di fargli sentire che sono intonato alle sue canzoni. Che parliamo la stessa lingua, che usiamo le stesse parole, che cantiamo le stesse canzoni. Lo spettatore che sceglie di venire in teatro è sempre preparato. Se sceglie uno spettacolo è perché ha un’aspettativa precisa. Il problema nasce quando non viene risarcito del suo investimento emotivo, cioè se ci resta male. Se si aspettava di ridere e invece ha pianto, viene risarcito lo stesso. Se voleva stupirsi e invece si è addormentato significa che l’artista s’è spiegato male. Io cerco di scrivere in una lingua comprensibile per tutti. Ma non è una lingua che parlo io. È quella che ‘trascrivo’ dalle interviste che faccio e ho fatto in questi anni. Scrivere e raccontare con la lingua degli altri (vorrei dire del popolo) questo faccio. Questa, per me, è una lingua nuova che scaccia vie tutte le altre lingue. È nuova perché è comprensibile. Le altre sono vecchie perché non si capiscono più. Questo spettacolo sarà un racconto e il racconto è sempre multidisciplinare. Per raccontare una storia ci infiliamo in tanti linguaggi. Il gesto racconta l’oggetto. Lo indica. Lo sguardo racconta l’immagine (guardo in quella direzione perché sto raccontando che qualcosa arriva da quel punto, per esempio). La parola è suono, ma anche ritmo. Eccetera. C’è una multidisciplinarità ricchissima che passa di continuo tra parola-immagine- suono-oggetto. Cioè passa attraverso il tempo senza fermarsi su un’epoca precisa. Come scrisse Vincenzo Cerami delle mie ‘fiabe moderne’ che comunque hanno il potere di dipingere paesaggi senza tempo (come il nostro tempo)”. Poveri Cristi è anche un romanzo che sarà pubblicato nel 2025 con Einaudi. Il romanzo ‘Poveri Cristi’ comincia così: “Cristo non è sceso dal cielo, ma è salito dalla terra. Questa è la prima frase, ma potrebbe finire qui”. Davvero il racconto potrebbe finire dopo questa frase perché i personaggi della mia storia sembra che non abbiano nessun rapporto con tutto ciò che sta in alto. Né col potere politico, economico, militare o religioso; né con le vette della letteratura, della scienza o con le aspettative, i sogni di chi aspira a diventare famoso; né coi quartieri alti, le ricche città coi grattacieli; e probabilmente nemmeno con le terrazze fiorite dalla quali vedere un bel panorama. Ma forse è proprio questa loro vita da ultimi che, come nella parabola di Gesù, dopo aver subito torti li porterà ad essere primi.”
Ascanio Celestini è nato a Roma nel 1972. I suoi testi sono legati a un lavoro di ricerca sul campo e indagano nella memoria di eventi e questioni relative alla storia recente e all’immaginario collettivo. Tra i suoi ultimi spettacoli teatrali, Laika (2015), Pueblo (2017) e Rumba (2023) fanno parte della trilogia che è all’origine di Poveri cristi. Di questi testi, Celestini ha curato la regia in Belgio e in Francia con l’attore David Murgia, e in Svezia con l’attore Özz Nûjen. Per il cinema ha realizzato due film: La pecora nera (2010), in concorso alla 67a Mostra del cinema di Venezia, e Viva la sposa (2015) in concorso alle Giornate degli autori a Venezia. Il suo disco Parole sante ha vinto il Premio Ciampi come Miglior debutto discografico dell’anno e il Premio Arci «Dalla parte buona della musica». Per Einaudi ha pubblicato Storie di uno scemo di guerra (2005), La pecora nera (2006), Lotta di classe (2009), Io cammino in fila indiana (2011), Pro patria (2012), Barzellette (2019), Radio clandestina (2020), I parassiti (2021) e Poveri cristi (2025).
10 Agosto 2025 - Fabrizio Casalino in"Fin qui tutto bene"
“Fin qui tutto bene" è un one man show di stand up comedy e canzoni, nello stile caustico e dissacrante di Casalino, alfiere della Tipica Accoglienza Ligure. Far ridere è diventato un lavoro socialmente utile: farlo in Liguria un dovere morale. L’epoca è fosca, la regione al collasso. Un futuro che lo guardi e pensi - tutto suo padre. Occorre tenere alta la fiaccola dell’ironia, e ridere innanzitutto di se stessi.