Nuova scoperta archeologica sul Monte Ramaceto
Un secondo cippo di confine di età romana
Sulla vetta del Monte Ramaceto nell’alta Val Fontanabuona in provincia di Genova, in prossimità del confine tra i comuni di Orero e San Colombano Certenoli è stato individuato, sottoposto a scavo archeologico e prelevato con l’impiego di un elicottero un cippo in pietra arenaria di età imperiale romana, datato al II secolo d. C., con iscrizioni su entrambe le facce; esso è identificabile come una rarissima tipologia di documento epigrafico, che ha segnato, quasi 2000 anni fa, il confine tra un latifondo di proprietà diretta dell’Imperatore romano e i terreni di proprietà invece del municipio della città di Genua (attuale Genova). Si tratta di una scoperta del tutto eccezionale e di importanza a livello nazionale in quanto rappresenta la seconda attestazione nota in tutto il territorio italiano di tale tipologia di cippi, en - trambi rinvenuti peraltro a distanza di pochi anni e spazio tra loro.
La nuova scoperta
A quasi dieci anni dal recupero nell’ottobre del 2015 di un primo cippo confinario con iscrizione su entram be le facce, oggi conservato al Museo Archeologico e della città di di Sestri Levante, grazie ad una recente segnalazione da parte di esperti escursionisti, l’archeologia ligure si arricchisce oggi di un nuovo ecceziona le documento epigrafico.
La Soprintendenza di Genova e La Spezia dopo aver provveduto a verificare, tramite un sopralluogo da parte di un team di funzionari archeologi e collaboratori, il luogo del ritrovamento, che è poco sotto la vetta del Monte Ramaceto a 1345 metri d’altitudine, ha condotto nel corso di questa settimana lo scavo archeo logico dell’area circostante il ritrovamento ed oggi ha provveduto a recuperare il macigno inscritto.
Data l’assenza di strade carrabili il trasferimento del cippo è potuto avvenire del tutto eccezionalmente gra zie all’impiego di un elicottero, che lo ha prelevato direttamente dalla cima del monte e, una volta imbragato con ogni possibile cura ed attenzione, lo ha trasferirlo su un furgone che lo attendeva più a valle; da qui scortato dal personale tecnico-scientifico dell’Ufficio, grazie alla disponibilità e alla collaborazione del Mu seo Archeologico e della città di Sestri Levante, il pesante monolite è stato depositato in condizioni di sicu rezza in un locale del Museo, dove sarà sottoposto ad un esame per verificarne lo stato di conservazione al fine di un eventuale intervento di pulizia, restauro, consolidamento e quindi, infine, esposizione al pubblico.
Ma in che cosa consiste l’importanza del ritrovamento? A questa domanda risponde il dott. Luigi Gambaro, funzionario archeologo della Soprintendenza:
“Va sottolineata l’eccezionalità assoluta del ritrovamento, che si può considerare con tutte le ragioni di im portanza epocale anche a livello nazionale. In primo luogo va detto che si tratta di un secondo cippo “gemel lo” di quello scoperto del tutto casualmente da una guardia forestale nel 1988, ma recuperato solo nel 2015. Se già aveva fatto scalpore tale rinvenimento in quanto si trattava, come scriveva il prof. Giovanni Mennella l’epigrafista, già docente presso l'Università di Genova, che lo ha reso noto nel 2017 del “primo cippo con finario inscritto pertinente a latifondi romani fin qui attestato nell’Italia romana”, sembrava quasi impossi bile, vista la assoluta rarità di epigrafi di tale tipologia, che a pochi anni di distanza e poche centinaia di me - tri dal primo cippo si verificasse la circostanza di imbattersi e riconoscerne un secondo identico; riporta anch’esso su un lato l’iscrizione: Caesaris n(ostri) = “di proprietà del nostro Cesare”, mentre di più diffi cile interpretazione è l’iscrizione incisa sull’altra faccia: P.M.G., che potrebbe sciogliersi come P(ublici)M(unicipii) G(enuensium) = “di proprietà del municipio di Genova”. Mentre il primo cippo è stato recuperato in modo piuttosto fortunoso e già verosimilmente spostato dalla sua sede originaria, il secondo ritrovamento è connesso alla sua collocazione originaria; da qui il secondo elemento di eccezionalità”.
La dott.ssa Nadia Campana, anche lei funzionaria della Soprintendenza, sottolinea “Inoltre essendo stato possibile pianificare il recupero in modo scientifico, con l’intervento diretto della Soprintendenza, che è l’Istituzione preposta alla tutela del patrimonio archeologico nazionale, la sua asportazione è stata preceduta dallo scavo archeologico del sedime circostante per una superficie di circa 25 metri quadrati, col recupero e la documentazione di ogni elemento del contesto. L’aver avuto la possibilità di intervenire attraverso uno scavo archeologico stratigrafico condotto manualmente da un team di qualificati archeologi, quelli di Tesi Archeologia srl, ha consentito di raccogliere quindi una serie di informazioni funzionali a ricostruire la sto ria del monumento.
Questo intervento si aggiunge ad una serie di scoperte e scavi, che hanno permesso di confermare l’impor tanza anche durante l’età romana della val Fontanabuona, con una gestione del vocata al agro-silvo-pasto rale lungo le vie di transumanza tra la costa e la montagna ligure”.
Infine il Soprintendete, arch. Cristina Bartolini, rileva che “Questa scoperta si aggiunge ad una serie di scoperte e scavi, condotti dalla Soprintendenza nell’ambito della sua attività istituzionale di tutela territoriale negli ultimi decenni, e contribuisce ad arricchire il quadro già vario ed articolato dell’archeologia di età an tica nell’entroterra della Liguria di Levante”. Il Soprintendete sottolinea poi che, “l’intervento è stato possi bile grazie alla collaborazione di molti: i proprietari del terreno, Vittoria ed Edoardo Paganini Marana, che si sono dimostrati entusiasti di poter contribuire alla conoscenza della storia del territorio, le Istituzioni lo cali: il comune di San Colombano Certenoli, quello di Orero, da cui proviene il cippo, e il Parco dell’Aveto, che hanno sostenuto l’intervento concedendo ogni supporto istituzionale, ma anche motivazionale. I più sen titi complimenti devono poi essere fatti agli scopritori, Roberto Boiardi e Giacomo Bracchi, per aver avuto, oltre che la fortuna di imbattersi nel cippo, la capacità di riconoscere in esso un bene archeologico attivando si sin da subito, con la pronta segnalazione alla Soprintendenza, a consentire che lo stesso fosse tutelato.
Un ringraziamento particolare agli archeologi che hanno condotto lo scavo, che hanno dovuto avvalersi oltre che della consueta professionalità, anche di spirito di avventura prestandosi a un’impresa impegnativa, quale salire ogni giorno fino alla cima del monte. Un ringraziamento inoltre alla famiglia Biaggio che ha offerto la disponibilità dello spazio su cui far atterrare l’elicottero.
Infine i ringraziamenti vanno al Comune di Sestri Levante che con il suo Museo Archeologico, sostiene da anni la divulgazione e valorizzazione della storia del nostri territorio”.
La curatrice del Museo di Setri Levante, dott.ssa Marzia Dentone, dichiara in merito all’evento:
“Il MuSel – Museo Archeologico e della città di Sestri Levante si delinea come un importante strumento di tutela e conservazione del patrimonio storico di Sestri Levante e di tutto il territorio, ed è con grande soddisfazione che assistiamo al suo costante sviluppo. In questo caso è auspicabile sia ancora più utile riuscire a teso a diffondere una maggiore consapevolezza della ricchezza che si nasconde a pochissimi passi da noi, e che costituisce un “grande tassello” per la nostra storia, uno dei tanti fattori che rendono questo territorio davvero unico. In attesa della collocazione definitiva negli spazi museali, credo fortemente nelle potenzialità di questa nuova testimonianza che racchiude in sé la “visione articolata” dell’Impero Romano che si avvicinava anche al nostro territorio e che, anzi, permette di verificare “sguardi” politici, di strategia e ambizioni, e anche di cultura materiale.
L’eccezionalità del ritrovamento di questo cippo offre peraltro nuovi spunti di riflessione, e di ricerca, sui modi di agire dell’Imperatore di Roma e anche sullo sviluppo della rete viaria e sulle attività produttive avviate, e più in generale sulle valenze che allo “spazio” attribuivano i Romani.
La collaborazione con la Soprintendenza Archeologica, così come quella con l'Università di Genova, incrementano sempre le ricerche scientifiche e tutte le attività svolte presso il MuSel, valorizzandone l’identità, secondo l’attuale definizione di Museo dell’ICOM (International Council of Museums), per cui un museo è al servizio della società, e compie ricerche, colleziona, conserva, interpreta ed espone il grande patrimonio culturale del territorio che rappresenta”.