Lavagna in debito: conti in rosso, fra le peggiori d'Italia

Ma, spiegano gli analisti, ciò non è automaticamente sinonimo di "maglia nera"

Lavagna in debito: conti in rosso, fra le peggiori d'Italia
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Lavagna, con 707,38 euro di debito pro capite, è tra i Comuni più indebitati della provincia di Genova e tra i primi in Italia.

«Debito pubblico» comunale, la classifica del Levante

Dopo Lavagna seguono Portofino 129,60 euro e Ne 101,01 euro. Sotto ai 100 euro pro capite ci sono Tribogna con 94,72 euro, Neirone 40,69 euro, Moconesi 66,44 euro, Sestri Levante 30,26 euro, Casarza Ligure 30,74 euro, Mezzanego 26,93 euro, San Colombano Certenoli 22,37 euro. Ancora dietro Orero con 19,96 euro, Zoagli con 11,80 euro, Bogliasco con 3,18 euro e Santa Margherita Ligure con 2,53 euro. Hanno messo a bilancio una cifra pari allo 0 i comuni di Lumarzo, Lorsica, Rezzoaglio, Favale di Malvaro, Santo Stefano d’Aveto, Cicagna, Borzonasca, Coreglia Ligure, Rapallo, Camogli, Recco, Avegno, Uscio, Sori, Pieve Ligure, Leivi, Chiavari, Cogorno, Castiglione Chiavarese e Moneglia.

L'analisi del Sole 24 ore: «Non è una mappa dei "cattivi", ma solo uno spaccato dei conti pubblici in ambito di mutui e prestiti»

Basandosi sui dati raccolti da OpenPolis, Infodata ha ricostruito una mappa virtuale dell’indebitamento dei comuni relativamente all’anno 2014. La graduatoria tiene conto delle entrate messe a bilancio e derivanti da mutui accesi nel corso di quell’anno. Entrate che corrisponderanno successivamente ad altrettante uscite al momento di restituire la stessa somma ricevuta.

Tale mappa è stata ripresa ed analizzata a livello nazionale dal quotidiano Il Sole 24 Ore che ricorda come, in ambito pubblico, i mutui vengano accesi per finanziare opere pubbliche volte, almeno secondo le intenzioni, a migliorare il territorio. Inoltre consentono alle imprese che si aggiudicano gli appalti di lavorare. Nel momento in cui le amministrazioni comunali sono in grado di restituire il prestito senza mandare in dissesto le casse pubbliche, un mutuo non rappresenta un problema. Ma non ricorrere a prestiti non significa essere “autonomi” dal punto di vista finanziario. Magari un comune non ne accende perché non in grado di sostenerne altri o perché bloccato dai ben noti limiti imposti dal Patto di Stabilità o perché, in quel momento, non c’è bisogno di effettuare nuove operazioni in ambito di lavori pubblici o di acquistare qualche bene particolarmente oneroso.

Il giornale finanziario di Confindustia precisa infine che la mappa di Infodata e OpenPolis non stabilisce quali siano i comuni “buoni”, cioè quelli senza debiti, e quelli “cattivi”, cioè quelli indebitati, ma semplicemente restituisce uno spaccato dei conti degli enti pubblici in ambito di mutui e prestiti. E soprattutto di come questi influiscano virtualmente sulle vite dei rispettivi cittadini, che sono gravati da un debito pro capite calcolato sulla cifra che ogni comune deve restituire suddivisa tra tutti gli abitanti residenti.

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