Il tema

Mazzino: "Disegno di legge per l'autonomia differenziata, fondamentali i Lep"

Che cosa cambierà quando il ddl diventerà legge? A spiegarlo è il chiavarese Enrico Mazzino, economista sanitario e docente universitario

Mazzino: "Disegno di legge per l'autonomia differenziata, fondamentali i Lep"
Pubblicato:

L'Aula del Senato ha approvato martedì 23 gennaio con 110 voti favorevoli, 64 contrari e 3 astenuti, il disegno di legge per l'attuazione dell'autonomia differenziata. Il testo passerà alla Camera per la seconda lettura. Che cosa cambierà quando il ddl diventerà legge? A spiegarlo è il chiavarese Enrico Mazzino, economista sanitario e docente universitario.

Il ddl per l’autonomia differenziata: il caso dei Lep (Livelli essenziali delle prestazioni)

 

"Dai rapporti internazionali alla protezione civile, dall’energia alla tutela della salute, dalla ricerca scientifica all’ambiente e via elencando, senza dimenticare le casse di risparmio, gli aeroporti, la previdenza complementare o l’ambiente. Sono ben 20 le materie oggi di legislazione concorrente (cioè, di comune competenza di Stato centrale e Regioni) che in base al progetto di legge sull’autonomia differenziata potranno passare integralmente a carico gli enti regionali - spiega Mazzino -. Anche altre tre materie oggi di competenza solo centrale - l’organizzazione della giustizia di pace, le norme generali sull'istruzione, la tutela dell’ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali - potrebbero essere decentrate se la riforma arriverà alla meta.

In sintesi si tratta di una redistribuzione dei poteri, grazie a una diversa allocazione delle risorse pubbliche, da Roma verso quei territori che ne faranno richiesta.
Il processo non è automatico: le Regioni potranno chiedere e concordare con il Governo la “devoluzione” di competenze e risorse. L’autonomia differenziata prevede infatti la possibilità di trattenere parte del gettito fiscale generato sul territorio per il finanziamento dei servizi e delle funzioni di cui si chiede il trasferimento. Una sorta di regionalismo spinto e asimmetrico, a geometria variabile potremmo definirlo. E che divide il mondo politico e amministrativo a diversi livelli: c’è il Sud che teme di perdere altre opportunità, molti sindaci intimoriti da un nuovo centralismo su scala ridotta, l’eterna contrapposizione maggioranza-opposizione ma anche le diverse impostazioni dei Partiti di Governo.

Il disegno di legge, come afferma l’articolo 1, punta a definire i principi generali per l'attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia (previste dall’articolo 116 della Costituzione), nonché le relative modalità procedurali di approvazione delle intese tra lo Stato e le singole Regioni interessate. Finora a rivendicare un maggiore protagonismo amministrativo sono state Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, non a caso forse le tre Regioni più ricche del Paese. Ma l’iter per ottenere l’autonomia non sarà semplice: prima c’è lo schema di base tra Stato-Regione, poi gli emendamenti di Conferenza unificata e Commissioni parlamentari, a seguire l’approvazione del Consiglio regionale, infine un disegno di legge del Consiglio dei ministri che il Parlamento dovrà esaminare e votare.

Un punto fondamentale della legge, voluto in particolare dai partner di maggioranza più sensibili all’unità nazionale, stabilisce che l'attribuzione di ulteriore autonomia alle Regioni, è consentita subordinatamente alla determinazione dei Livelli essenziali delle prestazioni previsti dalla Costituzione (Lep) e riguardanti tutte le Regioni del Paese. Dovrà quindi essere stabilito il livello minimo di servizi da rendere al cittadino in maniera uniforme in tutto il territorio, dalla Val d'Aosta alla Sicilia.

Inoltre, per evitare squilibri economici fra le Regioni che aderiscono all'autonomia e quelle che non lo fanno, il disegno prevede misure perequative, cioè risorse aggiuntive anche per chi non chiede maggiore autonomia. La garanzia assicurata da Lep uguali per tutti sulla carta dovrebbe garantire l’uniformità dei servizi offerti ai cittadini da Nord a Sud. Ma nella pratica molto dipenderà dai finanziamenti che lo Stato centrale potrà mettere a disposizione per far convergere le prestazioni, oggi molto differenziate, verso lo stesso livello".

"In Liguria la riforma è un’incognita - continua Mazzino - la qualità dell’assistenza e la competizione tra Aziende sanitarie potrebbe aiutare ad alzare la qualità delle prestazioni e si potrebbero investire risorse su progetti per assistenza agli anziani ma con il rischio di fughe di pazienti verso le Regioni del Nord
A mio avviso, una maggiore responsabilizzazione delle Regioni potrebbe spingere tutti verso un supplemento di efficienza; la devoluzione, tuttavia, partendo senza che la convergenza dei livelli dei servizi sia stata sanata, potrebbe accentuare le già evidenti disparità sociali e territoriali del Paese".

Seguici sui nostri canali