Pd Tigullio: "Le parole di Smeraldi? Sintomo di un profondo razzismo e di una ignoranza abissale"
Sulla vicenda interviene Mavi Zonfrillo, coordinatrice della Federazione del Partito Democratico del Tigullio e segretaria del circolo Pd di Santa Vittoria

Dopo le esternazioni del consigliere comunale di maggioranza Paolo Smeraldi sul numero dei bambini stranieri nella scuola elementare della frazione di Riva e l'intervento della Lega a difesa in sua difesa, insorge il Pd.
Sulla vicenda interviene Mavi Zonfrillo, coordinatrice della Federazione del Partito Democratico del Tigullio e segretaria del circolo Pd di Santa Vittoria
Sulla vicenda interviene Mavi Zonfrillo, coordinatrice della Federazione del Partito Democratico del Tigullio e segretaria del circolo Pd di Santa Vittoria che afferma:
Avrei sinceramente preferito non intervenire su questo episodio. Avrei preferito pensare che le frasi pronunciate dal consigliere leghista fossero solo uno scivolone, un errore di percorso da correggere in fretta con scuse e rettifiche. Invece no! Quelle assurde dichiarazioni sono state applaudite e amplificate da una formazione politica che non sa nulla di scuola, di sistemi scolastici e educativi, del significato profondo di una classe e, soprattutto, di cosa pensano davvero le bambine e i bambini. Forse è ora di dar voce a loro e far tacere l'ignoranza. Dopo più di quarant'anni passati in cattedra, mi sento non solo autorizzata, ma in dovere di sottolineare quanto certe dichiarazioni siano sintomo di un profondo razzismo, oltre che di cattivo gusto e di una ignoranza abissale sulla complessità della realtà scolastica e sulle opportunità immense che emergono dalla diversità culturale. A questa retorica, profondamente offensiva, è doverosa una risposta ferma e senza mezzi termini. La diversità è una risorsa, non un problema. In un mondo sempre più interconnesso, la presenza di studenti provenienti da diverse nazionalità, culture e contesti linguistici non è un problema, ma una ricchezza inestimabile. Le classi multietniche offrono un ambiente di apprendimento unico, dove i ragazzi possono confrontarsi con punti di vista diversi, imparare nuove lingue e sviluppare una maggiore consapevolezza globale. Definirle "ghetti" significa ignorare il potenziale di crescita personale e collettiva che queste realtà ci offrono ogni giorno. La diversità in classe, se ben gestita, non porta affatto a una diminuzione della qualità dell'insegnamento o a problemi di integrazione. Al contrario, può stimolare la creatività, l'empatia e la capacità di problem solving. Gli studenti imparano a superare le barriere culturali, a comprendere le differenze e a costruire relazioni basate sul rispetto reciproco. Questa è una lezione di vita fondamentale, ben più preziosa di qualsiasi nozione accademica. Certo, l'integrazione richiede impegno e risorse. E forse è proprio questa la vera ragione che induce un amministratore a dichiarazioni simili: il voler risparmiare, o far risparmiare, le risorse necessarie per il doveroso supporto agli studenti non italofoni o per la formazione degli insegnanti. Ma queste sono sfide da affrontare con strumenti educativi e sociali concreti, non con etichette denigratorie e dannose. La narrazione dei "ghetti" scolastici è pericolosissima perché alimenta paura e divisione, minando i principi di solidarietà e accoglienza su cui dovrebbe fondarsi la nostra società. Politici che usano tali espressioni mostrano una scarsa comprensione del ruolo fondamentale dell'educazione e del potenziale umano. La loro retorica non mira a risolvere problemi reali, ma a consolidare pregiudizi e a creare facili capri espiatori. È tempo di respingere con forza queste affermazioni e di promuovere una visione inclusiva e lungimirante della scuola e della società. Invece di ghettizzare, dobbiamo investire nell'integrazione, riconoscendo che la diversità è una forza trainante per il progresso e l'arricchimento di tutti. Tra qualche anno, ci accorgeremo di quanto quelle bambine e quei bambini classificati come "stranieri", il più delle volte nati in Italia o figli di lavoratori che contribuiscono allo sviluppo economico del "nostro" paese, che pagano le tasse, comprano nei "nostri" negozi, pagano gli affitti nelle "nostre" case e riempiono le "nostre" classi, saranno la speranza per riempire i banchi delle "nostre" scuole e università, per svolgere quei lavori che spesso gli italiani non vogliono più fare e, infine, per pagare le "nostre" pensioni. Se qualche forza politica pensa di utilizzare la paura del diverso, la ridicola asserzione “ci vengono a rubare il lavoro”, l’utilizzo della fede religiosa per creare muri, non si facciano illusioni, forse racimoleranno uno spicciolo di voti da chi si lascia trascinare nel tranello, ma non da una comunità democratica, evoluta e illuminata come quella della nostra città. I cittadini di Sestri Levante non sono allocchi e i genitori delle bambine e dei bambini della scuola di Riva l’hanno dimostrato.