Mercati e investimenti: conviene puntare sugli ETF?
L'introduzione dei fondi comuni sui mercati finanziari, ormai molti anni fa, ha rappresentato una vera e propria rivoluzione copernicana: i risparmiatori, da quel momento in poi, grazie alla gestione a monte delle quote di investimento, hanno potuto accedere a determinati bechmark prima difficilmente negoziabili, anche con capitali non troppo elevati, godendo in aggiunta di un'elevata diversificazione. Il passo successivo di questa evoluzione è rappresentato dalla nascita degli ETF -exchange traded fund-, fondi che investono su un determinato indice o paniere, replicandolo passivamente, senza avere l'obiettivo di generare una sovraperformance. Per via della natura di tale approccio, le commissioni di gestione richieste dall'emittente sono di gran lunga inferiori rispetto a quelle di una gestione attiva, con un non trascurabile beneficio per l'investitore.
Caratteristiche principali degli ETF
In questo scenario, quindi, investire in ETF è la soluzione ideale per mantenere sotto controllo i costi e abbattere il rischio specifico di un investimento. Il benchmark di riferimento può essere infatti un indice o un settore azionario, un indice obbligazionario o un paniere di società che operano nel campo delle materie prime. L'enorme domanda dello strumento finanziario ha accelerato notevolmente l'emissione di nuovi prodotti, perciò un aspetto da tenere presente quando si utilizzi un fondo di questo tipo è la natura della replica del sottostante, che può essere fisica o sintetica; in quest'ultimo caso naturalmente bisogna valutare attentamente anche il rischio emittente. Inoltre, come suggerisce il nome stesso, gli ETF sono negoziati in tempo reale -a differenza delle sicav che espongono un NAV di fine giornata-, nel caso specifico su un segmento regolamentato di Borsa Italiana.
Un altro fattore molto importante da osservare è la massa in gestione dello strumento. Questo accorgimento, ovviamente, ha un peso specifico superiore per settori di nicchia, i quali spesso presentano pochi volumi scambiati: in un simile contesto, infatti, trattandosi di un fondo che quota in tempo reale, in caso di sacche di illiquidità o di fast market, potrebbe aprirsi notevolmente lo spread denaro lettera indicato nel documento di sintesi della gestione, penalizzando un'eventuale uscita forzata dal mercato. Inoltre succede spesso che quando l'AUM non raggiunga un certo livello -o scenda drasticamente per condizioni avverse- la società emittente decida per il delisting del fondo: in questa situazione il risparmiatore potrà vedersi rimborsato il controvalore delle quote alla valorizzazione corrente del sottostante.
Trattamento fiscale degli ETF
Il trattamento fiscale degli ETF è stato unificato da qualche anno con quello dei fondi attivi: la plusvalenza sulla differenza tra valore di vendita e valore di acquisto è di natura "redditi da capitale", su essa va applicata l'aliquota per il capital gain e non può essere usata in fase di compensazione. La minusvalenza, di contro, è di natura "redditi diversi" e si può sfruttare per essere compensata con altre plusvalenza di stessa natura. Gli ETF fanno parte della famiglia degli ETP insieme ad ETN ed ETC, e spesso quest'ultimi vengono accomunati ai primi dagli investitori per trattamento fiscale, quando in realtà sono assimilabili a degli Zero Coupon: le minusvalenze e le plusvalenza quindi appartengono alla categoria dei redditi diversi.
I fondi passivi, per via della quotazione real time, a volte vengono acquistati per negoziazioni speculative di breve termine, anche se vi sono strumenti finanziari più efficienti sotto questo aspetto. Quindi, anziché utilizzare gli ETF in base a come reagiscono i mercati finanziari sull'uscita di particolari dati macro o notizie, sarebbe più opportuno allocarli in un portafoglio ben diversificato per asset class di appartenenza, al fine di bilanciare efficacemente i vari sostanti. Il punto di forza dello strumento finanziario, come evidenziato precedentemente, consiste infatti nell'annullamento del rischio specifico e della diluizione della volatilità quando si replica un benchmark che comprende differenti aree geografiche o settori.