Omaggio a Natalino Otto a Moneglia con la figlia Silvia
La serata si terrà alle ore 21.30 in Piazza XX Settembre
Natalino Otto è stato il precursore di tutto un modo nuovo di fare canzone in Italia: una canzone arguta, al passo con i tempi, imparentata con i cosiddetti ritmi sincopati di matrice americana, quindi jazzistica. In America c’era stato, giovanissimo, e se n’era innamorato. Aveva avuto anche l’impulso di rimanerci, ma poi, lui genovese di Cogoleto, era tornato in Italia, portandosi dietro quel bagaglio e diffondendolo, fin dai primissimi anni Quaranta.
Qualche mese fa sua figlia (sua e di Flo Sandon’s) ha dato alle stampe un magnifico cofanetto con dentro un libro di grande formato (e pieno di foto, spesso rare), due CD e tre DVD. Lei si chiama Silvia Codognotto Sandon, avendo voluto – più che legittimamente – riunire i cognomi – “al secolo”, come si dice – di entrambi i suoi illustri genitori, e verrà a presentarlo a Moneglia, conversando con Alberto Bazzurro, firma storica di Musica Jazz (e altro), che sul numero di febbraio del mensile di cui sopra ha dedicato a Slivia, e per suo tramite a Natalino, e pure a Flo, una lunga intervista, illustrata da alcune delle più belle foto del volume, che s’intitola La classe degli asini (COA The Dreambuster Publisher) come una dei brani più noti (certamente il più – diciamo così – fragrante, per più versi paradigmatico: “Signorina Maccabei, dica lei, dove sono i Pirenei?”) del grande Natalino Otto.
Dall’intervista in oggetto, estraiamo il passo in cui Silvia introduce la figura artistica di suo padre: “Natalino è nato come batterista, ruolo svolto fino al 1937, tenendo conto che nel novembre 1932, quando di anni ne aveva venti scarsi, si è imbarcato sul Conte di Savoia, con cui nei tre anni seguenti ha compiuto la bellezza di trentaquattro traversate atlantiche, Non era però ancora Natalino Otto: non cantava, non sapeva che mestiere avrebbe fatto nella vita. Ogni volta che tornava dall’America, però, la sua valigia era piena dei dischi che comprava, oltre ad andare in tutti i posti dove si suonava jazz”. Una bella storia, no? E non è che l’inizio di un lungo viaggio, che nell’incontro di Moneglia verrà approfondito a dovere. Gli elementi non mancano di certo.